Sulla scuola c’è un progetto alternativo a quello del Governo?

Quando si parla di scuola ci si perde in mille piccoli rivoli senza capire che in discussione c'è l’intero sistema di istruzione e formazione del nostro Paese

In un racconto del Poema celeste di Farid al-Din ‘Attār si narra di una città, al di là di Ghor, i cui abitanti erano tutti ciechi. Un giorno capitò da quelle parti un re che aveva al suo seguito un imponente elefante. Alcuni, curiosi di sapere come fosse fatto un tale animale, presero a tastarlo ed ognuno credette di averne conoscenza avendone toccato però solo una parte. Ai concittadini che chiesero di descriverlo, colui che ne aveva toccato l’orecchio rispose che l’elefante somigliava ad una cosa grande, ruvida, larga e lunga, come un tappeto; quegli che aveva toccato la proboscide disse che somigliava ad un tubo; un altro che aveva toccato una zampa affermò che l’animale era possente come un pilastro. (foto: il pubblico dell’incontro alla Scuola Silvio Pellico organizzata dal Coordinamento per la scuola pubblica)
In una condizione simile ci si trova spesso quando si discute di scuola. Ognuno – insegnanti, genitori, studenti, politici, pedagogisti – tende a restituire una immagine che è frutto di una limitata percezione o di una particolare esperienza. Anche ieri sera, l’incontro organizzato a Varese dal Coordinamento per la scuola pubblica, con il meritevole scopo di raccordare operatori della scuola, genitori, studenti, istituzioni e politici, si è frantumato in mille piccoli discorsi. Ognuno per sé coerente e pertinente, ma nel complesso la serata ha lasciato nella sala un senso di insoddisfazione. Insoddisfazione per non riuscire più a capire come tradurre la frustrazione o rabbia individuale in azione collettiva. Certo, c’era il sindacato (la Cgil), c’erano le associazioni e i politici, ma si aveva l’impressione che mancasse un orizzonte comune verso cui dirigersi. Incredibilmente, ieri sera sembrava aleggiare la sensazione disperante che non esistono più soggetti in grado di dare forma e organizzazione al dissenso. Sono state ripetute formule che ormai tutti conosciamo, il nostro sconforto è stato debitamente coccolato, i nostri giudizi sono stati confermati. Sì, ma… e adesso? Che succede? In che modo il mio sconforto o la mia indignazione si traducono in forza collettiva? E dove? E quando?
Qui non è in gioco solo il posto di lavoro, il modulo, l’assistenza durante la mensa, le ore di lingua inglese o i finanziamenti alla ricerca. Credo che sia in discussione l’intero sistema di istruzione e formazione del nostro Paese, dai primi anni della scuola materna alla specializzazione universitaria e post-univeristaria sino all’idea di formazione continua, sempre più necessaria in un tempo accelerato come quello in cui viviamo e per la pluralità di alfabeti richiesti al cittadino di oggi e di domani. L’attuale Governo ha indicato la strada che intende perseguire (ed è poco utile stare a discutere se si tratti di riforma, di contro-riforma o di scelte meramente finanziarie). Il progetto che sottende le scelte intraprese e quelle annunciate mi sembra abbastanza chiaro, almeno nei suoi effetti. Ma esiste – oggi, qui e adesso – un soggetto in grado di definire altrettanto chiaramente un progetto alternativo? Altrimenti corriamo il rischio di avvitarci in una battaglia di arroccamento e di difesa di un sistema dell’istruzione e della formazione che va comunque cambiato. Per non arrivare al punto in cui la nostra scuola non possa essere più difesa perché obiettivamente non più difendibile. E per questo più facilmente possa essere smantellata e distrutta.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Febbraio 2009
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