La tribù di Piero

Pelù scatena il pubblico varesino. Lancia un saluto a chi ha perso il lavoro, canta, diverte, "bacchetta" i potenti. Dieci motivi per cui vale la pena vederlo a teatro

Piero Pelù a teatro? Per dieci motivi almeno, vale la pena di essere visto. Il primo perchè è un camaleonte. Mette in scena i suoi monologhi come un attore senza trascurare il suo rock e l’istintivo talento di accendere il pubblico.

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Il secondo è per le canzoni: più di tre ore di spettacolo e di buon rock fatto di brani nuovi, vecchi e rielaborati. Tutti con un messaggio (e questo è il terzo motivo) che va dalla pace al rispetto degli altri, dall’uguaglianza alla libertà. Per ogni canzone un’introduzione che è racconto, critica, ironia e stimolo. E aneddoti come quello provocatorio, in casa della Lega, della vera scoperta della parola "devolution" creata non dal leader del Carroccio ma qualche anno prima da una band, i "Deevo". In questo caso il suo significato si avvicinava al comportamento lesionistico e autodistruttivo dell’uomo di oggi…

Quarto motivo: una riflessione. La musica può cambiare il mondo? «Se lo sono chiesti in tanti, qualcuno ci ha provato ma a me sembra che nell’era che stiamo vivendo ci siano tante inquietanti analogie con quella del nostro passato. Quelli che hanno fatto la guerra. Ci sono ancora tanti dittatori, solo che oggi sono più… carini. Si distinguono meno».
Quinto motivo: «la legge della S con due stanghette» in altre parole, a fare i conti con la crisi non sono mai i "grandi ricchi". Il lavoro passa in secondo piano ma finisce sotto i riflettori nel concerto di Pelù. Con un saluto a chi, anche a Varese, ha perso il lavoro e che è andato in particolare ai lavoratori della Whirlpool, della Cartiera di Besozzo, della Torcitura di Dumenza e di Malpensa.

Il rocker fiorentino bacchetta i potenti, lancia messaggi di pace ma non solo. Il suo spettacolo è divertente (sesto motivo). Sarà per l’accento e i detti toscani, per le espressioni del viso o semplicemente per il suo modo innato di smontare i "fenomeni" della nostra società (veline e belloni in particolare). Piace anche questo. 

Poi c’è la band che vale il settimo motivo:  "Zio Paul" Baglioni (batteria,percussioni), Daniele “Tom Tom Barni” (basso,contrabbasso,voce), Cosimo “Zanna” Zannelli (chitarra acustica,chitarra elettrica,effetti,voce e anche suggeritore), Federico”Sago”Sagona(tastiere,fisarmonica,effetti,voce).

C’è poi il movimento alla Pelù che comunica e "ipnotizza" (e fanno otto): sinuoso diventa snodato, poi si scatena: corre, salta, si siede, si inginocchia, si rialza. Nel suo stile insomma, quel saper stare a proprio agio con gli occhi del pubblico puntati addosso. Nono motivo: è lui che lo dice, Piero Pelù "è loco". E forse è per questo che lo spettacolo riesce così bene. E l’ultimo? Per saperne di più sulla Venere di Roncobilaccio, ma questo ve lo può raccontare solo lui.

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Pubblicato il 22 Marzo 2009
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