I bancari contro le ingiustizie del settore

La Fabi, sindacato indipendente dei lavoratori del credito, denuncia le contraddizioni del dopo crisi nel settore: da stipendi 700 volte più alti del normale alle pressioni per vendere prodotti commerciali

Non lavorano in un settore penalizzato, e non soffrono delle brutali cadute di occupazione che altri stanno vivendo: ma non per questo i bancari possono evitare lo “stress da crisi”.
Anzi, per loro più che per molti altri questo periodo significa essere tra l’incudine e il martello, tra banca e cliente: dove la prima cerca aggressivamente denaro e l’altro cerca con gran fatica credito. E, per di più, dopo avere passato già molte traversie negli anni scorsi, a causa delle fusioni che hanno già eliminato molta “manodopera qualificata” prima ancora che la crisi avanzasse.

Abbiamo già pagato molto durante la ristrutturazione del sistema bancario: e la provincia di Varese più di altre. Non vogliamo pagare anche ora, per colpe non nostre” avvertono i sindacalisti della Fabi, la federazione indipendente dei lavoratori del credito. Per questo hanno deciso di denunciare una situazione che non può continuare senza regole nuove.

Pensiamo che l’attuale sistema finanziario, contraddistinto dall’esasperata ricerca del profitto a breve termine per i soli azionisti è insostenibile e dannoso per la collettività – spiega Paolo Henin, il loro portavoce – Occorre ripensare in modo nuovo l’intero quadro dei mercati, a partire da quello finanziario. Chiediamo per questo una revisione profonda delle regole che lo governano, con disposizioni chiare ed esigibili che devono puntare al massimo livello di trasparenza possibile”. Con l’obiettivo finale di  “rivalutare il tradizionale modo di fare banca basato sull’intermediazione creditizia tradizionale, concentrandosi sull’attività di finanziamento alle imprese, per agevolare la ripresa produttiva. E di rivedere profondamente il loro modo di operare”.

Perchè la banca, ormai, non è più un intermediario creditizio puro e semplice. E questo, lo si scopre anche soltanto entrandoci: basti vedere “Il fiorire di separè per le proposte finanziarie fin dalla porta d’entrata, e gli sportelli sempre in minor numero. Mentre gli uffici che erogano credito sono addirittura al di là dello spazio per il pubblico” spiega Pier Paolo Ferri ex bancario di Intesa, ora “in esodo” come chiamano i prepensionati del bancario “La cosa più importante, evidentemente, fin dall’arredamento delle sedi, è di spingere i prodotti commerciali”.

Prodotti collocati sempre più aggressivamente, con un sistema al tempo stesso coercitivo e premiante per i dipendenti, sempre più strettamente chiamati "a fare budget". Un sistema che rischia, in tempi di crisi come questo, di avere effetti dannosissimi sulla clientela, pressata dalle offerte commerciali.

Per questo “chiediamo alle Banche un freno alla politica degli incentivi smodati e sregolati per raggiungere gli obiettivi che fissano per il collocamento dei prodotti finanziari,  e l’abbandono della pratica delle pressioni commerciali “veleno” nel rapporto di lavoro coi dipendenti e nel rapporto con la Clientela – spiega Filippo Pinzone, rappresentante della segreteria Fabi e bancario in Intesa – E anche un “alt” alle maxi retribuzioni al top management: cresciute in modo esponenziale, sproporzionato e al di fuori di qualsiasi criterio di sostenibilità. E’ intollerabile infatti pensare che ci siano manager che guadagnano più di 700 volte lo stipendio medio dei dipendenti di banca, solo per avere attuato politiche aggressive che favoriscono gli obiettivi degli azionisti”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Aprile 2009
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