Liberazione a Varese tra ricordi e polemiche
Il ministro Roberto Maroni in città per i festeggiamenti. Le celebrazioni si sono concluse al teatro Apollonio con le premiazioni degli alunni varesini. Alcune contestazioni hanno accompagnato il discorso del sindaco Attilio Fontana
Un 25 aprile caratterizzato da una forte presenza istituzionale quello che si è celebrato per le vie del centro di Varese. Il ministro Maroni, il sindaco Fontana ma anche l’assessore regionale Cattaneo e i vertici locali delle forze dell’ordine al completo hanno infatti accompagnato i festeggiamenti che si sono conclusi all’interno del Teatro Apollonio con i discorsi di rito e la premiazione degli alunni delle scuole varesine: ottantotto i premi singoli che sono stati consegnati agli alunni più meritevoli e 17 alle loro classi.
Il sindaco Fontana ha parlato di un 25 aprile condiviso, importante soprattutto in questo momento difficle: «Abbiamo vissuto il dramma del teremoto – ha detto il sindaco – che per essere affrontato necessita di unità e coesione, e soprattutto di valori importanti, come quelli difesi dai partigiani della resistenza, è giusto quindi celebrare tutte le persone morte per farci vivere nella libertà».
Dopo Fontana ha preso la parola il partigiano Luigi Grossi che si è rivolto ai bambini delle scuole presenti «ai quali va tutto il mio ringraziamento – ha detto – questi bambini sono tutto quello per cui abbiamo combattuto». Grossi ha poi raccontato un retroscena comico che ha fatto sorridere lo stesso ministro Maroni:
«Volevo svelarvi un piccolo episodio che mi accomuna al ministro – ha raccontato con simpatia l’ex partigiano – pensate che mio figlio ha rischiato di diventare la spalla del ministro, poi non se ne è fatto nulla perché ne sarebbe uscito il duetto “Grossi Maroni”». Dall’ex partigiano non è mancata però anche una piccola nota polemica, «sono molto felice che il presidente del Consiglio Berlusconi abbia finalmente deciso di celebrare questa ricorrenza – ha detto Grossi – una decisione che però è giunta dopo troppo tempo. Anche il ministro Ignazio La Russa ha mostrato “tentennamenti” sulla celebrazione di questa data – ha poi proseguito Grossi – anche a lui vorrei ricordare che non si possono fare distinzioni, la costituzione ha dato ai combattenti della resistenza lo status di militari, perciò non si preoccupi di onorare questa ricorrenza».
Durante la cerimonia non sono mancate anche alcune contestazioni. A scatenarle è stato il discorso del sindaco Fontana: «La festa della liberazione è una festa di tutte le parti – ha detto il primo cittadino varesino – è necessario quindi celebrare i combattenti della resistenza, ma è importante anche ricordare tutte le altre persone che sono morte combattendo in buona fede». Queste parole hanno scatenato fischi e grida di protesta dal fondo della platea, alle quali è arrivata l’immediata risposta del sindaco, «evidentemente l’Italia non vuole riappacificarsi, l’odio in questo paese è ancora più forte dell’amore per il prossimo».
Le proteste più forti provenivano dal gruppo delle “Donne in nero”, «il sindaco e il ministro – ha detto Ierina Dabalà, che oltre ad essere all’interno di “donne in nero” e membro del direttivo dell’Anpi – dicono di difendere i valori della resistenza, però non dicono che questo governo sta discutendo la proposta 1360 che equipara i repubblichini ai partigiani, cioè coloro che ammazzavano al soldo dei tedeschi a quelli che invece davano la propria vita per la libertà del nostro paese». Critico anche un altro componente del direttivo dell’Anpi, «la contestazione alle parole del sindaco è stata giusta, non si possono celebrare i partigiani e nello stesso tempo chi stava dall’altra parte».
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