Scarponi dà un’altra stoccata sul traguardo di Benevento
Per una volta i big della classifica si risparmiano. La lunga fuga si risolve nei chilometri finali quando lo scalatore marchigiano si dimostra il più furbo e il più forte in mezzo a tanti stranieri. Garzelli acclamato risponde all'ennesima provocazione dell'opinionista Sgarbozza: «Parli perché hai la bocca»
Michele Scarponi, lo scalatore, si inventa una stoccata da perfetto finisseur, per conquistare la sua seconda vittoria in questo Giro d’Italia del Centenario. Il marchigiano della Diquigiovanni-Androni (nonostante Simoni alla deriva e Rebellin fermato prima di partire, il grande Savio ha portato a casa già tre successi…) dà un saggio di furbizia e potenza sull’arrivo di Benevento, città scelta come traguardo per la 18a tappa partita invece da Sulmona.
La frazione è vissuta a lungo su una fuga folta e ben rappresentata che pareva quasi un’azione dedicata ai corridori in lizza per la maglia bianca. C’erano Seeldrayers, Masciarelli, Lovkvist che l’ha vestita a inizio Giro oltre a altri uomini interessanti come Visconti, Cardenas e appunto Scarponi.
Quando dietro le squadre escluse dal drappello (Milram, Ag2R, Fuji, Caisse d’Epargne) si sono messe a tirare si è accesa la lotta anche tra le lepri, a suon di scatti e contro scatti favoriti da un percorso nervoso e quasi mai pianeggiante pur senza salite reali. Così prima sono rimasti in 9, poi in 6, poi ancora in 7 quando un encomiabile Grabowski è stato capace di riportarsi sui primi dove veleggiavano due atleti della Saxo Bank di Riis (Bak e McCartney) ancora a secco di vittorie. Sull’ultimo strappo, intorno ai 900 metri, è stato il belga della Quick Step Dries Devenyns a provare il colpaccio ma il suo sogno è durato circa mezzo chilometro, perché Cardenas e i due Saxo sono andati a prenderlo. E lì, solo e soltanto in quel momento, Michele Scarponi ha deciso di muoversi dopo aver lasciato sfogare a turno tutti gli altri componenti del gruppetto. Un’azione da vero scattista quella del marchigiano che ha passato come un treno Cardenas, Pate e Bak (secondo, terzo e quarto nell’ordine) andando a tagliare il traguardo a braccia alzate.
Alle spalle di Scarponi era la volta di altri 25 corridori, giunti sfilacciati sotto lo striscione di arrivo, prima che su Benevento piombasse un gruppo capeggiato dai Rabobank, per un giorno insolitamente tranquillo. Menchov continua a comandare così la corsa con i soliti 26” su Danilo Di Luca, in vista della tappa del Vesuvio prevista per domani, venerdì 29. 164 chilometri con una prima selezione sul Picco Sant’Angelo che non farà male ai big e con la scesa al vulcano che sovrasta Napoli che riempirà gli ultimi 13 chilometri. È l’ultima occasione per Basso di vincere (Garzelli come Di Luca non dimentica il traguardo di Anagni) e per Di Luca e Pellizotti di attaccare la maglia rosa di Menchov, il quale punterà poi sulla crono di Roma per ristabilire le gerarchie. Ne vedremo delle belle, ma non sappiamo ancora da parte di chi.
L’antipasto – che poi forse è il digestivo della tappa del Blockhaus – l’ha intanto servito Stefano Garzelli ai microfoni del Processo alla Tappa di Rai Tre. Gli stessi da cui l’opinionista Sgarbozza, forse il meno preparato e più fuori luogo d’Italia (anche oggi assurdo: «Hai vinto un Giro d’Italia, cosa ti importa della maglia verde?» ha chiesto a Stefano…), lo aveva accusato di aver fatto la volata in cima alla montagna abruzzese. «Quando parlo a qualcuno che si esprime a vanvera penso proprio a te» ha detto il Garzo senza mezzi termini. «Parli perché hai la bocca mentre tutti noi siamo qui a far fatica. Io non ho nulla contro Di Luca, ma come Menchov corre per una squadra diversa dalla mia: sarei stato antisportivo a non fare la volata, quello sì. E se sul Vesuvio Danilo vincerà, avrà dimostrato di essere il più forte, altrimenti faremo tutti i complimenti a Denis. Ora – ha chiuso il varesino – me ne vado in albergo che è ora». Di fronte al palco i tifosi di Benevento lo hanno inondato di affetto al grido di «Garzelli-Garzelli». Bene così.
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