Omicidio colposo, non guidavano ma per il pm è anche colpa loro
Testimoniano i baristi che videro l'auto dei tre ragazzi accusati della morte di Davide Musci: "Andavano a folle velocità"
Prende corpo in aula l’accusa di concorso in omicidio colposo nei confronti di due ragazzi che non guidavano ma erano in auto assieme all’amico che causò uno schianto mortale. Bevettero alcolici in alcuni bar di Laveno e i proprietari dei locali, insieme agli avventori, quella sera li videro andare “a folle velocità” per il paese a bordo di una Panda rossa, la stessa auto che verso mezzanotte, all’altezza del passaggio a livello, travolse la Panda e uccise Davide Musci. Il processo in dibattimento per la morte del giovane lavenese, nel 2005, ha vissuto oggi in aula un momento drammatico, con il racconto dei testimoni dell’accusa della serata “brava” degli imputati, e anche della scena dello schianto riferita da un testimone che fu il primo ad intervenire. L’uomo vide la macchina rovesciata su un fianco e i tre ragazzi che avevano provocato l’incidente urlare frasi sconnesse cercando di discolparsi. Sul banco degli imputati ci sono due giovanissimi, Davide Fadi e Geffery Hobenboom, mentre Dario Sinuelli, il guidatore (aveva appena preso la patente) è stato già condannato in abbreviato a 3 anni e 10 mesi per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza. La novità, rispetto a procedimenti di questo tipo, è che il gup li ha rinviati a giudizio, come chiedeva la procura, per concorso in omicidio colposo, poiché l’accusa è convinta che anche i due passeggeri abbiamo avuto un ruolo nel causare l’incidente. La circostanza emergerebbe dal fatto che, secondo diversi testimoni, nelle ore che precedettero lo schianto, i ragazzi girarono per Laveno guidando in maniera pericolosa; fu quel loro comportamento in concorso che portò alla tragedia.
L’audizione in aula ha coinvolto baristi e testimoni oculari. La titolare di un locale ha ricordato di aver servito alcolici ai ragazzi quella sera anche se non ha saputo specificare chi bevve. Vi è stata poi testimonianza di un barista che ha detto di averli visti sfrecciare “a velocità folle” per il paese già dopo cena, mentre un altro teste ha raccontato di aver visto quell’auto correre contromano in via Cesare Battisti poco prima dell’incidente e di essersi spostato a lato per non farsi investire.
In aula, è emerso anche un fatto nuovo. Un esercente ha riferito di aver sentito i ragazzi, il giorno dopo, fare un brindisi nel suo locale ("ricordo che era prosecco") per essere usciti incolumi dall’incidente. Una deposizione che la difesa ha cercato di smontare perché il testimone non conosceva con precisione i nomi degli imputati e perché non era stata resa agli atti durante le indagini. Ma l’esercente ha insistito: “Mi aveva talmente scosso – ha detto – che sono andato a raccontarlo al maresciallo Popeo dei carabinieri di Laveno”. Nella prossima udienza, parlerà la difesa.
L’audizione in aula ha coinvolto baristi e testimoni oculari. La titolare di un locale ha ricordato di aver servito alcolici ai ragazzi quella sera anche se non ha saputo specificare chi bevve. Vi è stata poi testimonianza di un barista che ha detto di averli visti sfrecciare “a velocità folle” per il paese già dopo cena, mentre un altro teste ha raccontato di aver visto quell’auto correre contromano in via Cesare Battisti poco prima dell’incidente e di essersi spostato a lato per non farsi investire.
In aula, è emerso anche un fatto nuovo. Un esercente ha riferito di aver sentito i ragazzi, il giorno dopo, fare un brindisi nel suo locale ("ricordo che era prosecco") per essere usciti incolumi dall’incidente. Una deposizione che la difesa ha cercato di smontare perché il testimone non conosceva con precisione i nomi degli imputati e perché non era stata resa agli atti durante le indagini. Ma l’esercente ha insistito: “Mi aveva talmente scosso – ha detto – che sono andato a raccontarlo al maresciallo Popeo dei carabinieri di Laveno”. Nella prossima udienza, parlerà la difesa.
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