Addio a Cassin, leggenda dell’alpinismo
A cento anni se n'è andato il formidabile scalatore dei "Ragni di Lecco"
Se n’è andato a cento anni nella sua Lecco, nell’abitazione ai Piani Resinelli: Riccardo Cassin, una delle leggende viventi dell’alpinismo mondiale è morto questa mattina.
Il grande scalatore, che faceva parte del celebre gruppo dei "Ragni della Grignetta di Lecco", era di origine friulana e fin da giovane aveva iniziato a sfidare le montagne di tutto il mondo. La sua attività è stata di fatto il collegamento tra due epoche, quella che tra le guerre mondiali visse le imprese dell’alpinismo romantico e quella che dagli anni Cinquanta in avanti conquistò le vette più importanti del mondo.
La sua attività iniziò a raggiungere alti livelli tra il ’34 e il ’38, con le vie aperte a Lavaredo, sul Badile e sullo sperone Walker della parete nord delle Grande Jorasses.
Dopo la guerra arrivarono gioie e polemiche, queste ultime a causa della sua esclusione dalla spedizione italiana che conquistò il K2 (1954); nel ’58 organizzò la scalata che giunse in vetta al Gasherbrum IV con Bonatti e Mauri, nel ’61 quella al monte McKinsley, la cima più alta del Nord America, in Alaska. Ancora, nel ’75, all’età di 64 anni, Cassin guidò una spedizione al Lhotse, quarta montagna più alta della terra, che comprendeva anche Rehinold Messner, impresa respinta dal maltempo.
A 78 anni poi, nell’87, tornò a salire su quel Pizzo Badile dove mezzo secolo prima realizzò una delle imprese più belle, che lo fecero entrare nell’Olimpo degli alpinisti.
Di Cassin infine si ricorda anche un episodio accaduto nel febbraio del ’45: insieme ad altri rocciatori favorì l’operazione "Dick Cigliegio" con cui avvenne il lancio nel Lecchese dei paracadutisti americani in alta Lombardia. Tra le innumerevoli onoreficenze e cariche, Cassin è stato anche nominato presidente onorario del Cai di Lecco.
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