Inventività : una soluzione per l’Italia

Da questa crisi non si potrà uscire con il tradizionale binomio crescita indiscriminata-coesione sociale, basata sul passato modello rivisitato, ma occorrerà cambiare paradigma. Di Gino Pastore

La soluzione della gran parte dei problemi che affliggono il nostro Paese non discende solo dall’innovazione, quanto piuttosto dalla conservazione immaginifica. Nelle righe seguenti cercherò di argomentare in modo adeguato le mie opinioni, con l’obiettivo di trasformarle in dati di fatto che possano rappresentare un significativo punto di partenza per ogni futura discussione e confronto.
L’avvio del processo dal quale trarre spunto per costruire un percorso argomentativo coerente, non può che essere l’attuale grave difficoltà economico-finanziaria che attanaglia il mondo intero.
Infatti la crisi alla quale stiamo assistendo non è solo congiunturale e conseguente ad un temporaneo arrestarsi della crescita; è invece, a mio avviso, il vero appannarsi di un sistema economico globale che sta trascinandosi dietro la fine di uno stile di vita, di un complesso di valori e di un modello di relazioni sociali fondato sulla competitività esasperata ( individualismo privo di individualità), sull’avidità, sull’assenza di etica, sugli squilibri tra generazione di ricchezza e livelli di consumo, sul differenziale tra produzione e distribuzione del reddito, sul debito e sullo spreco dissennato delle risorse.
Da questa crisi non si potrà quindi uscire con il tradizionale binomio crescita indiscriminata-coesione sociale, basata sul passato modello rivisitato, ma occorrerà cambiare paradigma e presentarsi di fronte a consumatori sempre più esigenti ed insoddisfatti, con prodotti e servizi, realizzati in modo differente e più “rispettoso” ed in grado di offrire non solo qualità superiore, ma anche valore, confort, design, affidabilità, gratificazione, benessere, bellezza e sostenibilità ambientale e sociale.
Per ottenere risultati che invertano il precedente percorso e consentano un nuovo accumulo di ricchezza reale e non cartaceo/finanziaria, a livello globale, si dovranno favorire politiche dei redditi che equiparino in modo equo impegno lavorativo e produttività e siano in grado di ridurre la forbice sociale e le crescenti disuguaglianze che il modello di globalizzazione finanziaria ha creato.
Non più solo consumo continuativo ed individualizzato pertanto, ma soddisfazione, gratificazione e soprattutto “fruizione delle emozionalità”, in un contesto di mercato che dovrà fare i conti con un ambito sociale molto più preparato e disposto all’acquisto principalmente di ciò che può contribuire a migliorare la qualità della vita, delle relazioni interpersonali e di comunità, all’interno di un rinnovato desiderio di collettività e di partecipazione attiva anche alla realizzazione di ciò che si consumerà.
Per questa ragione le aziende dovranno dedicarsi alla ricerca e realizzazione di “beni frendly”, in grado di soddisfare le nuove aspettative di consumatori più consapevoli e preparati che vogliono più equità e veder crescere non più solo i consumi individuali, ma anche le esigenze e le aspettative collettive, non solo di transazione, ma prioritariamente di relazione, in un contesto dove sia possibile programmare e coordinare la dinamica conflittuale di consumi pubblici e privati, in un nuovo scenario di inclusione.
Nei mercati aperti e saturi, di conseguenza, stanno prevalendo quei Paesi e territori che sono in grado di accrescere la competitività con la ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali, manufatti, servizi ed applicazioni, semplificate e qualificate, facili da utilizzare, belle e gradevoli da possedere e da godere in un contorno sociale allargato.
Tutto questo sembrerebbe essere una “campana a morte” per il nostro Paese che in tutte le statistiche manifesta un cronico ritardo in tutti quei settori nei quali prevalgono la ricerca, l’innovazione, l’ITC e la creatività applicata.
Per poter fare innovazione metodologica e continuativa, infatti, occorre un grande mercato in sviluppo, essere un Paese giovane e competitivo, avere sistemi scolastici e formativi di eccellenza, saper attrarre capitali, disporre di un tessuto produttivo, distributivo e logistico, fatto di grandi aziende, con risorse e strutture dedicate alla ricerca e sviluppo e/o un rilevante apparato militare/industriale.
Noi purtroppo siamo un Paese di anziani collaborativi e consociativi che premia chi nella dinamica sociale e scolastica ha “relazioni familistiche”, con un sistema infrastrutturale superato e caotico e con un apparato produttivo fatto soprattutto, al di là di alcune migliaia di medie aziende che hanno le loro radici nei distretti, di micro e piccole imprese che “tentano”, non “fanno rete”, non ricevono cross-fertilitation e raramente si focalizzano su progetti dedicati.
Socialmente alimentiamo disillusione, disorientamento e disgregazione che traggono spunto dal nostro passato, dal tradizionalismo e dal conservatorismo trasformista, dalla rendita e dal conformismo; non c’è devianza e rottura che sono sinonimo di creatività ed innovazione e manifestano una ribellione nel rapporto unicità/pluralità, necessità/probabilità, continuità/cesura e globalità/incrementalità.
Ecco pertanto che ci rimane un’unica via che transita e non può che attingere all’immaginazione ed al rapporto rischio/opportunità; in Italia non ci resta che far affidamento sull’inventività che è recupero della nostra storia migliore, gusto per la tradizione/conservazione e trasferimento di saperi confinali, elaborati, modificati ed organizzati nel futuro.
Inventività che si alimenta di immaginazione, creatività soggettiva ed esperienziale e punta a realizzare prodotti di prezzo non elevato, manufatti di ridotte dimensioni, ma ad alto valore simbolico e larga diffusione, reinterpretando (come negli anni cinquanta) alcuni componenti avanzati che altri realizzano, inserendo in essi però quel plus di design, bellezza, funzionalità e gusto che sa renderli inimitabili e desiderabili.
Il nostro apparato produttivo deve essere in grado  non solo di ridurre gli occupati nelle funzioni routinarie (saper fare) ed aumentare gli addetti nelle nuove attività strategiche: dal sapere di più, al saper comunicare, al saper far fare che implicano design, network di commercializzazione, valorizzazione di una cultura e di un bello diffuso, ma anche, vista la dimensione ridotta delle imprese, di integrare i processi per contrarre tempi ed ottimizzare le risorse.
Ricorrendo alle teorizzazioni di Richard Florida che dichiara che per affermare la creatività occorrono le tre «T» di tolleranza, tecnologia e talento, delle quali Noi italiani non saremmo ricchi, possiamo parafrasarle sostenendo invece che per far crescere l’inventività occorrono le tre T di territorio, tipicità e tenacia che sono una caratteristica distintiva del Nostro Paese.
Un primo ambito applicativo non può che essere quello che punta sul “bello”, infatti la qualità estetica e la sua fruibilità sono oggi e lo saranno ancora di più domani, il vero “plus” al quale ricorrere per risvegliare l’interesse di consumatori distratti da angosce e paure; non più quindi tanti prodotti anonimi e banali, a riempire case,  vite senza immaginazione e luoghi pubblici degradati e maltenuti, ma pochi manufatti, belli e sfavillanti che si condividono anche socialmente (oggetti, edifici, piazze,luoghi pubblici e paesaggi) con gratificazioni individuali e benefici collettivi.
Nell’economia della conoscenza è sorprendente che in troppi si dimentichino che la conoscenza si alimenta con l’apprendimento e che soprattutto l’apprendimento sequenziale ha a che fare con esperienza e tradizione, tutte risorse delle quali il Nostro Paese non è certo privo e che possono essere l’opportunità per creare il nostro specifico nuovo modello di progresso e crescita, fondato sulla filiera del “Made in Italy” che integra con le tecnologie, la tradizione, i migliori e l’intero apparato economico.
Se facciamo riferimento alle tre «T» italiche, il territorio con la sua unicità e tipicità, frutto della tenacia che ebbero i nostri antenati nel plasmarlo e nel tramandarcelo è il più significativo esempio di inventività conservativa; è infatti sul territorio che ruota una delle principali opportunità di crescita del futuro : il turismo !
Il turismo,  la gestione del tempo libero e l’edonismo che vede nella cura di se stessi e nel benessere diffuso degli aspetti portanti, sono attività ad alto valore che per il Nostro Paese significano anche allargare il discorso al “Made in Italy”, al savoir-vivre, alla gastronomia, alla moda, al design ed alla realizzazione di tutti i macchinari legati a quelle produzioni (le quattro A di Marco Fortis : Alimentare, Abbigliamento, Arredo ed Attrezzature meccaniche).
Al turismo si lega la tipicità, ovvero la particolare ed unica bellezza del nostro paesaggio e dei nostri beni artistici e culturali; così abbondanti, ma spesso troppo trascurati, poco valorizzati, privi di un sistema di governance, non integrati in infrastrutture tecnologiche e gestiti in modo poco professionale ed occasionale (ecco la ragione del fatto che pur possedendo quasi i due terzi del patrimonio artistico mondiale, negli ultimi anni abbiamo perso oltre sette milioni di viaggiatori e stiamo scivolando sempre più in basso nella classifica dei paesi più attrattivi e visitati).
Conservazione e recupero però non debbono significare staticità ed immobilismo, riproposizione ripetitiva di manufatti, prodotti e processi tecnologicamente superati, ma al contrario interazione e trasferimento di saperi che con l’impegno immaginifico e l’ingegno di centinaia di migliaia di artigiani e lavoratori della conoscenza, debbono essere il punto di ripartenza di una nuova inventività che ha le sue fondamenta nelle cinque «A» di:  Attrattività, Accessibilità, Accoglienza, Antiquarialità ed Aggregazione nel territorio e del paesaggio.
E‘ questa pertanto la sfida che ci attende, fare del nostro passato e della nostra storia il volano del nostro futuro, con l’impiego dell’inventività che sa giustapporre ed integrare all’interno della nostra tradizione di bello, buono, fruibile e gradevole, quanto di innovativo altri sanno realizzare strutturalmente, su componenti, prodotti ed attività che noi sappiamo immaginare meglio e collocare all’interno di percorsi dove recupero, conservazione ed inventività si integrano e divengono il punto di forza per poter cogliere le nuove opportunità di uno sviluppo equilibrato, etico e sostenibile.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Agosto 2009
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