Adolescenti “videodipendenti”: non abbandonateli nel mondo virtuale
Il neuropsichiatra dell'Ospedale del Ponte dà alcuni consigli ai genitori alle prese con ragazzi incollati al computer
«Il computer è la droga degli adolescenti di questo decennio. Una volta era l’alcol. Poi è arrivata la droga psichedelica dei giovani hippies e, ancora, le pasticche di acido. L’adolescenza è un periodo difficile e bisogna averne coscienza». Il dottor Giovanni Pitillo è il neurospichiatra dell’ospedale Del Ponte. Quotidianamente ha a che fare con disturbi della psiche e da lui arriva l’invito a non spaventarsi senza, però, sottovalutare i rischi: «L’adolescenza è il momento della scoperta di sé stessi. Del difficile percorso di "accettazione" della propria persona. I rapporti con gli altri diventano problematici: con i genitori, con i professori, ma anche con i coetanei e il branco di cui non si può fare a meno. Se la vita reale non ti piace perchè i fallimenti sono tanti, allora ti consoli con quella virtuale dove riesci ad eccellere, dove diventi qualcuno. Il mondo virtuale, allora, prende il sopravvento. È in questo momento che si deve intervenire: in questa fase di crescita le rotture psicotiche, cioè le possibilità di deviare dal naturale percorso di crescita, sono elevate. Bisogna stare attenti al rapporto che i nostri adolescenti hanno con il computer e con le tante, tantissime opportunità che offre. Si deve evitare che quella falsa rappresentazione di sé prenda il sopravvento».
Il dottor Pitillo non considera i ragazzi italiani in pericolo, come, invece, può accadere in Giappone dove il livello di sviluppo tecnologico è molto più elevato: «Non si può parlare di un allarme sociale in Italia. È chiaro che i genitori devono essere consapevoli, anche perchè la vita è profondamente cambiata, la realtà è totalmente nuova. I meccanismi, però, sono identici. Tutti noi, nella nostra adolescenza, abbiamo disubbidito, trasgredito. È proprio il processo di crescita che ci fa andare "contro". È naturale, quindi, che i ragazzi si ribellino. L’importante è non perdere il contatto con loro, saperli ascoltare ma anche bloccare nel momento giusto. Io sono per il dialogo, ma non "tra pari". Il genitore deve essere capace di "dire no" e di diventare impopolare, purchè accompagni questo suo atteggiamento al confronto e al dibattito».
«Il problema non sono i gochi violenti, che diventano pericolosi solo quando si trasporta l’aggressività nel reale, o il tempo che si perde davanti a un monitor. Il problema è e rimane il dialogo reale. Ogni dipendenza ( alcol, droga, shopping, gioco, ecc) è legata ad un bisogno di evadere dalla realtà che ci opprime. Il segreto è quello di prepararsi all’impatto inevitabile con la realtà, perchè quel momento arriva sempre, presto o tardi».
Ragazzi multitasking, veloci e distratti, capaci di altissima concentrazione per brevi tratti, distaccati e svogliati: non sono ragazzi perduti, ma vanno aiutati da genitori che si mettono in gioco, a loro volta, andando a conoscere quel mondo per loro sconosciuto: « Il computer non è un pericolo: sforziamoci di conoscerlo e il dialogo riprenderà».
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