“Le guerre si combattono anche con le nostre armi”
Il comitato varesino per la Palestina organizza un incontro per collegare il dibattito sui crimini di guerra alle fabbriche di armi del nostro paese
“Crimini di guerre, fabbriche di armi e commessi viaggiatori”, la guerra e il dolore della guerra non sono poi così lontani da casa nostra. Questo il senso del convegno organizzato dal comitato varesino per la Palestina sabato 17 aprile alla scuola superiore per mediatori linguistici di via Cavour 30 a Varese (dalle 17 alle 20). Un incontro pubblico per invitare i cittadini della nostra provincia a guardarsi intorno e scoprire che molte sofferenze di popoli lontani possono venire anche da qui. Da aziende che sul territorio costruiscono e vendono strumenti che altrove possono essere utilizzati per fare del male. In particolare «le due grandi fabbriche di velivoli militari Aermacchi e Agusta – dicono gli organizzatori – produttrici dei temibili mangusta e degli M346, mezzi che nelle mani sbagliate possono compiere crimini orrendi».
L’antefatto che ha indignato il comitato varesino è stata un’intervista rilasciata in marzo dall’onorevole del Partito democratico Daniele Marantelli ad un quotidiano locale. Si parlava di una partita di 48 aerei M346 in vendita agli Emirati Arabi, poi finita in stallo. L’onorevole Pd si era fatto carico di sollecitare il governo a sbloccarne la vendita con un pressing sull’acquirente. Tra le altre cose, Marantelli, avrebbe detto una frase che proprio non è andata giù ai difensori varesini della causa palestinese. L’onorevole, parlando del lancio del nuovo aereo di casa Aermacchi, ha auspicato che il cliente potesse essere anche qualche altro paese, «ad esempio Israele». Proprio quello che i pacifisti varesini temono di più. «Già vendere armi non è una cosa bella – spiegano dal comitato – ma le cose sono ancora peggiori se la vendita sarebbe diretta verso un paese in guerra, per di più contro un popolo martoriato come quello palestinese».
Lo scopo della serata di sabato è proprio promuovere il dibattito che ricolleghi un discorso generale sui crimini di guerra all’industria locale di «armi dagli effetti devastanti». Nel tentativo di promuovere la riconversione industriale di queste aziende verso scopi civili.
«Sappiamo che tutte queste considerazioni possono apparire sacrificabili di fronte alla questione occupazionale – spiegano – ma ci sono aspetti poco conosciuti della questione che teniamo a chiarire: non è vero che la produzione bellica produce più posti di lavoro di quella civile e, soprattutto, c’è anche una questione etica che non si può trascurare a prescindere».
Di tutto questo si discuterà nell’incontro di sabato pomeriggio con l’avvocato Ugo Giannangeli, che si occupa di crimini di guerra in relazione al diritto internazionale; con la genetista Paola Manduca, che si occuperà di presentare i risultati degli studi sugli effetti delle armi “sperimentali” in Libano e a Gaza; e Stefano Ferrario, collaboratore di Peace Reporter, che racconterà la storia delle lotte per la riconversione delle industrie belliche della provincia di Varese e farà un resoconto delle attività del movimento pacifista varesino.
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