Made in Italy: una legge che “non esiste”

Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato Varese riflette sul Made in Italy e sulle difficoltà che il provvedimento sta incontrando

Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato Varese, Confartigianato Lombardia e vicepresidente di Confartigianato, riflette sulla inadeguatezza della politica italiana a Bruxelles: una legge entrata in vigore, ma non applicabile?

merletti su made in italyVerrebbe la tentazione di dedicare, alla povera Legge sul Made in Italy, un necrologio con tutti i crismi: qui riposa quella che fu, senza che lo sia mai stata, una Legge per le imprese. Ne dà la triste notizia la Commissione Europea; si stringono al cordoglio dei nostri parlamentari i milioni di micro e piccole imprese che a lei guardarono con affetto.

La data del 1° ottobre segna la scomparsa – momentanea? – di questa azione normativa sulla quale le MPI avevano riversato le speranze del domani. Il ritardo dell’Italia, in questo gioco contro il tempo, ha mostrato tutta la sua fallibilità. La nostra classe dirigente, invece, ha mostrato tutta la sua inadeguatezza e impreparazione nell’affrontare e gestire gli equilibri delle lobby politiche che stanno alla base dei rapporti all’interno dell’Unione Europea. A questo punto del viaggio non ci sono, e non possono esistere, mezzi termini per descrivere un insuccesso che, ancora una volta, cade a piombo sul futuro degli imprenditori delle MPI italiane. E soprattutto sulle imprese di questo nostro territorio che si sono poste in prima linea per incoraggiare, sostenere e caldeggiare l’iter di una Legge che i nostri parlamentari, a Roma e in Europa, non hanno saputo proporre con sufficiente professionalità. Perché è questo ciò che risulta dalla vicenda Made in Italy: la poca, se non l’inesistente, credibilità nei politici italiani da parte di Bruxelles.

Inoltre, la validità di una qualsiasi legge, pensata e definita per offrire un vantaggio al tessuto economico di un Paese, dovrebbe essere svincolata dal solito braccio di ferro tra politica e imprenditoria: se la prima vuole visibilità e pensa agli strumenti più adatti che potrebbero assicurarle un certo peso in periodo di elezioni, la seconda non vuole affatto calcare la solita via che il Governo lastrica di speranze e illusioni. La Legge sul Made in Italy poteva – ci dispiace per il tempo "passato", ma il nostro ottimismo è andato in calando – essere un vero strumento a vantaggio dei nostri imprenditori.

E invece no: l’Italia, grazie ai suoi rappresentanti nel Parlamento Europeo, è stata trattata ancora una volta dall’UE come se fosse una nazione post-bellica, inadatta allo sviluppo, ben poco competitiva sullo scacchiere mondiale e, di conseguenza, scarsamente meritoria di attenzioni. Il provvedimento, dunque, si è rivelato debole tanto quanto le incursioni e le insistenze di quella politica che era partita da Roma urlando alla "vittoria".

La Legge, e questo va detto, non pretende tutele straordinarie, ma solo – nell’ottica di chi è imprenditore – la difesa di ciò che è giusto. D’accordo, la norma non è perfetta, vacilla un poco nel voler tutto e subito (ma a noi piace, perché l’etichetta che certifica la comprovata italianità del prodotto con almeno due passaggi della lavorazione effettuati in Italia è l’unico modo per tamponare le invasioni orientali) ma ha aperto una strada che dev’essere tuttora percorribile.

In questi anni di crisi, anche la Legge sul Made in Italy avrebbe potuto rappresentare una via d’uscita dall’apnea economica. O, almeno, così l’hanno letta le imprese della nostra provincia. Imprenditori che, inevitabilmente e consapevolmente, stanno tirando le somme proprio a quei rappresentanti politici che in Roma "ladrona" hanno trovato scranni d’oro. Se mai dovessimo pensare ai vantaggi che una certa politica ha sempre promesso – ma mai elargito – alle nostre imprese, il risultato sarebbe prossimo allo "zero". Quindici anni di richieste mai recepite, di federalismo (quello vero) sempre negato, di un territorio che avrebbe dovuto vivere tempi di floridi, ma così non è stato. Il "fascino" di Roma, purtroppo, contagia tutto e tutti.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Ottobre 2010
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