Varese, terra del parto dolce
Un servizio su La7 ha riportato alla ribalta due eccellenze del territorio: la casa maternità di Induno Olona e la sala del parto in acqua dell'Ospedale di Cittiglio. Perchè avere un figlio non è una malattia
Varese come esempio di luogo dove affrontare un parto più umano?
E’ quello che racconta il servizio di Life, il programma di approfondimento dell’attualità di La7, che qualche giorno fa ha raccontato due esperienze modello in provincia: la Casa della Maternità di Marta Campiotti a Induno Olona e la stanza per il parto in acqua dell’ospedale di Cittiglio. Esperienze molto diverse tra loro ma accomunate da una stessa finalità: demedicalizzare il parto, toglierlo dalla logica degli ospedali e delle malattie.
E se la casa dalla maternità di Marta Campiotti – una 5 case della maternità in Italia, tutte dislocate nel centro nord – è una vera e propria casa ad Induno Olona, lontana 6 chilometri dall’ospedale, e la sala parto è una semplice stanza dove si può trovare la propria posizione, muoversi e “accomodarsi” come natura chiama, la stanza del parto in acqua a Cittiglio vuole essere un “riparo” dall’ospedale stesso in cui è insita.
In entrambi i casi, l’opinone delle ostetriche è la stessa: il loro ruolo è "solo" quello di accompagnare dei gesti che la mamma già conosce, in una memoria ancestrale che lasciata libera di esprimersi non si perde.
«Nella casa della Maternità – spiega Marta Campiotti – l’ambiente non ostacola la donna. Se noi che le siamo intorno non interferiamo ma sosteniamo le sue mosse, la donna sa cosa fare. Per questo l’ospedale non è il posto adatto per partorire. Io penso che il motivo per cui in italia si fanno pochi bambini è per la paura di questo parto traumatizzante che si prova in ospedale».
Già 43 bimbi sono nati in quella casa, alcuni dei quali bimbi nati dopo un precedente parto cesareo: «Pochi sanno che dopo un parto cesareo è possibile tentare un parto naturale – spiega Marta Campiotti – e che questo ha fattori di rischio inferiori che un secondo parto cesareo».
All’ospedale di Cittiglio, dove la stanza ha colori completamente diversi da quelli dei reparti normali, i futuri genitori si prenotano mesi prima per poterne usufruire: segno di un desiderio di naturalità che si rtirova dopo decenni di medicalizzazione. Per l’ostetrica Lorena Panighini «La cosa più bella è non usare le mani per toccare o tirare fuori un bambino. le nostre mani servono per massaggiare e aiutare ad accoglierlo».
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