Liccati: “Silurato per non aver ceduto sulla nomina del direttore generale”
L'ex presidente di 3SG non risparmia frecciate a chi lo ha disarcionato in malo modo. "Non seguivo la linea dell'amministrazione? Non esiste. la verità è che mi si è voluto colpire perchè non sono uno yes-man"
Franco Liccati ancora non ci sta. «La misura è colma» ha detto Luca Ferrazzi, e l’ex presidente di 3SG, la partecipata comunale che gestisce la casa di riposo Camelot, non può che concordare. Il suo siluramento, con tanto di lettera di rimozione motivata dal fatto che non avrebbe rispecchiato "la linea" dell’amministrazione, gli è rimasto visibilmente sullo stomaco: non tanto e non solo per la questione in sè, ma anche per il modo. «La lettera è arrivata mentre ero in riunione con i consiglieri, preparavamo una riunione imortante del CdA per la nomina del direttore generale. Non vi riferisco i commenti affiorati lì per lì alle labbra dei consiglieri, tra cui pure sono esponenti del PdL. Ho ricevuto la solidarietà di tanti, anche del partito, tutti hanno detto che era una vergogna; sarebbe bello sentire ripetere in pubblico ciò che mi è stato detto in privato», ma Liccati non si fa illusioni sulla situazione in un partito «che pare un’azienda, col padrone che dà ordini, è questa la politica?». Gli fa ancora molto piacere la presa di posizione del personale (sono 170 i dipendenti) a suo favore, e di questo «affetto che mi ha toccato» ringrazia sentitamente. «Le motivazioni dell’amministrazione per liquidarmi erano comunque inesistenti, e poco dignitose. Non aver seguito la linea? Tutti gli atti testimoniano i risultati di questa presidenza. Ho ricevuto 3SG sull’orlo del fallimento, con tensioni importanti fra i lavoratori, dieci posti vuoti sui 142 disponibili, un assurdo, 242mila euro di debiti e una cattiva nomea; in un anno l’abbiamo lasciata in ordine, con il pareggio di bilancio, una lista d’attesa di un centinaio di richieste, e a febbraio per la prima volta abbiamo anche potuto abbassare le rette» come peraltro richiedeva il PdL. «Ho dato dieci ore del mio tempo al giorno per un anno; ho cercato, anche con eventi e convegni, di aprire e rendere trasparente 3SG». Perchè dunque il "siluro?" Per Liccati il motivo è legato proprio alla nomina del nuovo direttore generale. «Ci ho riflettuto a lungo prima di arrivare a concludere che questa era l’unica motivazione possibile. Io reclamavo l’autonomia del consiglio d’amministrazione sulla nomina, come vuole la legge e detta il buonsenso. Mi ero mostrato refrattario alle pressioni. La persona che vogliono nominare è una donna, non di questa provincia, con incarichi importanti nel PdL» riferisce Liccati. «Il mio atteggiamento ha urtato qualcuno, si è voluto escludere chi non segue gli ordini, mi si è revocato il mandato perchè non sono uno yes-man» dichiara l’ex presidente, rappresentante della corrente ex-An ora confluito in Fli tra i "ferrazziani". Un discorso che quadra con quello di Ferrazzi sulla gestione del PdL a Gallarate. Ora però si apre un altro problema spinoso per la successione a Liccati stesso, con la nomina di Caravati («persona dignitosa, mi spiace che l’amministrazione di Gallarate la perda» commenta Liccati), in quel momento vicesindaco, alla 3SG; si sarebbe entrati in una situazione di incompatibilità sancita da un recente decreto del Presidente della Repubblica, il 168/2010 del settembre scorso: non basta che una persona non faccia più parte di un’amministrazione comunale, ciò deve essere avvenuto da almeno tre anni. Poi in Italia, se una cosa è certa, è l’incertezza del diritto.
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