Un giallo varesino svela la storia degli esuli

"I Cento Veli" di Massimiliano Comparin, 37enne buguggiatese, edito dalla varesina Nuova Editrice Magenta, racconta per la prima volta in una storia avvincente cos'è davvero successo in quei luoghi. Dopo 70anni

i cento veli massimiliano comparinCi voleva un varesino di famiglia veneta, cittadino del mondo e responsabile commerciale di un grande gruppo editoriale per raccontare finalmente nella sua pienezza una storia che tutti volevano dimenticare, che è stata riesumata cinquant’anni dopo in una giornata“del ricordo” che sembrava più una contrapposizione ideologica che una vera voglia di far chiarezza sulle ferite che la fine della seconda guerra mondiale ha inferto agli Italiani, sciagurate vittime di un voltafaccia che ha fatto perdere di vista a tutti chi era il nemico e chi gli alleati.

Ci voleva un giallo per far venire voglia di leggere quella storia, che ha riempito pagine di storia “partigiana” (da una parte e dall’altra, da quella dei fascisti e da quella dei comunisti) che davvero in pochi hanno letto.

Ci voleva un giovane uomo che non conosceva questa storia per raccontare fin nei particolari delle emozioni personali il vero dramma degli esuli istriani: che non sono “fascisti che hanno rifiutato il sogno comunista“ nè “vittime di una pulizia etnica compiuta” vera e propria, alla stregua degli ebrei o delle vittime della pulizia etnica. Sono persone che la storia ha sbattuto fuori dal suo corso. Sono persone che in quattro generazioni hanno cambiato quattro nazioni e altrettanti nemici e che prima erano invece abituati a convivere nel crogiuolo di etnie più produttivo, anche letterariamente, d’Europa.

Persone che hanno visto i nazisti alla fine della guerra come soldati che li hanno protetti da una furia cieca. Persone che hanno avuto paura di tutti, perchè nessuno era con loro. Persone che sono state chiamate ada abbandonare la loro terra, e sono stati accolti a sputi e proteste dai coloro che avrebbero dovuto essere i loro connazionali.

Tutto questo viene raccontato, per la prima volta e con un piglio avvincente, in un giallo edito dalla varesina Nuova Editrice Magenta: si chiama “I Cento Veli” ed è stato scritto da Massimiliano Comparin, classe 1973, nato a Varese e residente a Buguggiate.  «Non ho alcun parente che abbia vissuto quelle vicende – conferma Comparin – Ho cominciato a scrivere quel libro perchè volevo raccontare di Trieste, la Trieste tardo asburgica di Svevo e Joyce di cui mi ero innamorato. Ma mi sono presto reso conto che non si può parlare di quella città se non si affronta anche quel tema, perchè è radicato nella cultura antropologica degli abitanti».

Una città che è stata bellissima e centro di cultura, e ora soffre dell’isolamento della Storia, che vergognandosi di sè l’ha più semplicemente cancellata. «Ho cari amici croati che hanno vissuto una storia particolarissima – continua lo scrittore – Sono una famiglia di Rovigno (Rovinj, in slavo, ndr) il cui trisnonno ha combattuto con gli asburgici contro l’Italia, il bisnonno ha fatto il militare a Besozzo combattendo per gli italiani, il nonno ha combattuto nell’esercito yugoslavo contro gli italiani e il padre ha combattuto nell’esercito croato contro yugoslavi. Questa cesura storico-geografica, questa situazione in cui ogni generazione delle ultime quattro ha avuto una patria diversa, è unica al mondo. e non si può prescindere da questo per raccontarla».

Il libro, la cui pecca principale è certamente il titolo, un po’ troppo generico e “baiadero” per far capire davvero – a chi deve scegliere dalla copertina – il pathos e l’intensità delle vicende storiche in cui si snoda, è innanzitutto un libro popolare: di quelli che tutti possono leggere appassionandosi. Un giallo storico di quelli che possono diventare anche dei best sellers, come è successo a Ken Follett o a Valerio Massimo Manfredi. E che, come loro, ha la straordinaria qualità di avvincere come un romanzo ma insegnare come un manuale di storia. Tutto del libro è rigorosamente documentato, a volte inserendo nel racconto intere testimonianze reali come quella del testimone chiave, per comprendere la vera storia di quel popolo: «Non solo Viscovi è un personaggio reale – precisa Comparin – Ma ha anche acconsentito, anzi voluto, essere citato nel libro con il suo nome e non cun un nome di fantasia. E ora sta girando per convegni a raccontare la sua storia».

Una testimonianza diretta che porterà finchè sarà umanamente possibile: come per gli ebrei sfuggiti ai campi di concentramento e i partigiani, il tempo sta lavorando alacremente per “eliminare” i testimoni oculari della tragedia, che sono i veri perdenti di questa storia « Per questo ho voluto raccontare la storia dal punto di vista di chi ha perso, di chi ha visto passare la storia sopra di sè – spiega lo scrittore- Se devo dirla tutta, quello che mi ha fatto male quando ho conosciuto meglio questa storia è stato il silenzio dell’Italia che, uscita dalla guerra salendo sul carro dei vincitori, ha voluto rimuovere la sconfitta e ha trattato le persone coinvolte come una coscienza sporca che si voleva rimuovere».

Per questo il suo libro ha un valore sociale: quello di cristallizzare in un testo avvicente e comprensibile a tutti una stora che rischia di essere dimenticata. Con l’unico mezzo davvero efficiente per farlo: «Una storia, per essere divulgata e diventare pensiero comune, in fondo deve uscire dalla storiografia ed entrate nella letteratura – conclude lo scrittore – Il diario di Anna Frank, e Se Questo è un Uomo sono degli esempi pratici di quello che dico» E così ora, con i dovuti distinguo, anche la storia degli esuli d’Istria è impressa, scevra di ideologie e densa di emozioni, nella Storia.

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Pubblicato il 10 Febbraio 2011
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