Ex adepti contro il Roveto ardente: “Indagate ancora”

Gli avvocati dei membri del gruppo di preghiera, finito in un’indagine per truffa, spiegano perché faranno opposizione alla richiesta di archiviazione che il pm Massimo Politi

Si oppongono all’archiviazione, perché ritengono che la procura non abbia considerato abbastanza il ruolo di pressione psicologica che i membri del «Roveto ardente» esercitavano sugli adepti. E’ con queste motivazioni che, gli avvocati degli ex membri del gruppo di preghiera (tra cui il legale Elisabetta Brusa di Varese), finito in un’inchiesta per truffa, faranno opposizione alla richiesta di archiviazione del pm Massimo Politi. La procura di Varese, titolare dell’indagine, ritiene che non vi siano le prove di conferimenti di beni e terreni ottenuti tramite raggiri, come invece era stato ipotizzato all’inizio dell’inchiesta, dopo alcune denunce di parenti.
La donazione era volontaria, e la procura non ha ritenuto di ravvisare inganno per convincere gli adepti ai conferimenti; ma gli avvocati delle presunte vittime sostengono che «gli artifici e i raggiri devono essere identificati nella messa in scena dell’esistenza di una comunità religiosa che promuoveva la realizzazione morale religiosa del singolo». Il ragionamento è che siccome i membri non erano liberi ma in stato di soggezione, anche i conferimenti non erano atti di liberalità. Lo dimostrerebbero alcune testimonianze. Un ex adepto, in particolare, raccontava alla digos che «esistevano forti pressioni psicologiche, nei confronti di tutti gli aderenti dell’A.R.A., ai quali veniva chiesto di porre l’associazione davanti a tutto, famiglia e lavoro compresi. Le persone che, per un motivo o per l’altro, non si attenevano completamente a tali direttive, venivano sottoposte a verifiche da parte di tutti gli altri aderenti al gruppo; la persona veniva completamente isolata e sottoposta a ogni genere di frustrazioni, persino ai parenti più stretti veniva impedito di avere contatti con questi associati».
Al di là dei reati contestati, va poi rilevata la curiosa circostanza che il gruppo mistico (o setta) del Roveto Ardente praticava, secondo i consulenti degli inquirenti, la cosiddetta “bibliomanzia”, ovvero aprivano la bibbia a caso e ne traevano indicazioni per il futuro, come una sorta di oroscopo; o ancora, l’imposizione delle mani a titolo di guarigione. Questi e altri comportamenti, per quanto strani, secondo la procura e la difesa, tuttavia, non configurano alcun reato.

leggi anche:
La richiesta di archiviazione della procura
L’inchiesta sulla presunta setta 
la relazione del consulente della digos


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Marzo 2011
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