Venti sigarette accende il dibattito sulla guerra
La proiezione del film di Aureliano Amadei, che racconta l'attentato subito a Nassirya dai soldati italiani in missione in Iraq, ha stimolato i numerosi interventi degli studenti
“20 sigarette” è la storia di Aureliano Amadei. O meglio, è la storia di come la sua vita è cambiata dopo essere stato vittima dell’attentato terroristico del 12 novembre 2003 in Iraq. Partito per girare un film con il regista Stafano Rolla, viene investito dall’esplosione del camion bomba che alle 10.40 ha ucciso 28 persone nella caserma dei Carabinieri di Nassirya. Aureliano riesce a salvarsi ma rimane ferito ad una gamba. E da quella tragica giornata un bastone lo accompagna in ogni suo movimento.
«Ho deciso di raccontare la mia storia -ha detto alla platea del Lux- per trasformare l’esperienza più drammatica della mia vita in qualcosa di utile per tutti, che spingesse a pensare e riflettere». E l’obiettivo sembra essere raggiunto. Dopo la presentazione alla scorsa mostra del cinema di Venezia, Aureliano Amadei -regista del film tratto dal suo omonimo libro- è in un costante tour per presentare il suo film sopratutto agli studenti. La pellicola, che raccoglie premi ad ogni festival, contiene alcune scene così drammatiche e cruente che «ad ogni proiezione c’è qualcuno che si sente male» e anche a Busto non è stata da meno. Ma “20 sigarette” è un film che «mischia la tragedia alla commedia perchè all’interno di ogni grande tragedia ci sono momenti da commedia» e gli studenti in sala hanno apprezzato molto questo continuo gioco tra tensione e divertimento. Un lungo applauso ha accompagnato lo scorrere dei titoli di coda ed è stato il preludio di un acceso dibattito.
«Una dibattito così attento e partecipato -dicono sia i professori che gli organizzatori del BAFF- non la abbiamo mai visto». Una vera e propria “intervista” è stata improvvisata dagli studenti in sala al regista che ha parlato a tutto campo. «Quello che spero di avervi fatto capire -ha detto- è che la storia non è fatta da buoni e cattivi, ma ha molte più sfaccettature». Per questo motivo «dovete fare molta attenzione a quello che vi arriva sul divano di casa dalla TV» e il suo consiglio è, prima di schierarsi, di usare internet per «andare a cercare l’umanità che sta dietro alle notizie; solo così si può scoprire la storia con la S maiuscola». Parlando più in generale Aureliano Amadei non crede alla scusa della missione umanitaria con cui molte guerre vengono spacciate. «Si spendono molti miliardi, ci dev’essere un tornaconto». Lui, dopo 7 anni di studi ha ipotizzato che lo scopo di queste missioni non sia altro che «favorire i privati che decidono di investire all’estero alleviandoli con i soldi pubblici di una spesa enorme: quella per la sicurezza».
Proprio per questo «provo orrore quando vengono trasformati i morti in guerra in eroi e salvatori della patria solo per nascondere la verità della situazione». Con l’eco di una guerra alle porte di casa, il regista ha voluto anche specificare che «la guerra è il frutto dei nostri comportamenti quotidiani; La società del capitale ha modificato le nostre emozioni più profonde mettendo il denaro davanti a tutto». Ma quello di cui oggi c’è più bisogno secondo il «pischello romano che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato» per costruire la pace e non solo sono «teste pensanti: non nascondetevi dietro bandiere ideologiche e retoriche ma pensate individualmente».
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