Processo “re del Portogallo”, dom Rosario: «Non sapevo nulla»
Rosario Poidimani, sedicente erede della famiglia che regnò nel paese iberico, parla nel processo per la truffa ai danni dei soci dell'associazione da lui creata: «Non sapevo degli affari che si svolgevano a Gallarate»
Il processo al sedicente principe di Braganza e ad alcuni soci della real casa, che sostiene di essere l’unico erede della real casa del Portogallo dopo l’abdicazione della figlia dell’ultimo re Maria Pia, continua nell’aula Falcone e Borsellino del tribunale di Busto Arsizio. Davanti al collegio giudicante presieduto da Toni Adet Novik si è proceduto questa mattina all’esame di Rosario Poidimani, protagonista di questo procedimento nel quale è imputato per truffa aggravata: «Finalmente ho la possibilità di sfogarmi – dice Poidimani durante l’esame da parte del Pm Mirko Monti, subito rimbrottato dal presidente Novik – non sapevo niente del caos che si stava creando al consolato di Gallarate. Ci sono centinaia di intercettazioni e di registrazioni che provano la mia estraneità a questi fatti. Io ho fatto solo da paciere tra altri tre indagati in questa complessa vicenda giudiziaria. Mi occupavo solo delle adesioni in quanto i nuovi soci dovevano essere presentati a me».
Secondo il sedicente principe di Braganza, infatti, di quello che accadeva a Gallarate era completamente all’oscuro. Poidimani ha ripercorso tutta la vicenda della nascita del consolato gallaratese: «Gervasi mi fu presentato da Ripamonti nel 2004, per entrare nell’associazione delle istituzioni della real casa – ha precisato Poidimani – bisognava essere presentati da altri soci e si pagava una quota di 5000 euro». Il principale imputato della vicenda ha spiegato come si arrivò ad aprire una sede del consolato nella città dei due galli a partire dalla proposta che il gli fece: «Si presentarono come persone giovani ed eleganti, messe bene economicamente – sostiene Poidimani – F. M. mi propose di aprire questa rappresentanza nel più bel palazzo di Gallarate». Il racconto di dom Rosario ripercorre anche la storia dei versamenti volontari da parte degli associati: «Per associarsi bisognava versare 5 mila euro e poi si poteva versare un ulteriore contributo volontario, fu il F.M. a decidere la somma di 180 mila euro».
A seguire ricostruisce anche la vicenda della garanzia bancaria e delle spese che avrebbe sostenuto una volta che l’affare era sfumato dopo che la Banca di Roma si era tirata indietro: «A causa di quel passo indietro inspiegabile da parte della filiale bustocca della Banca di Roma mi trovai a sostenere spese per 180 mila euro». Una parte di quei soldi venne pagata da Fabrizio Bellora, commercialista di Oleggio che si era presentato come ex-presidente della Provincia di Novara e che era entrato a far parte della real casa di Portogallo tramite Gervasi. Anche Bellora, infatti, è stato sentito nell’udienza di oggi, mercoledì: «Ero entrato a far parte della real casa dopo essere stato contattato come commercialista per operazioni finanziarie con banche straniere – racconta ai giudici – insieme ad altri tre fondammo una società (la Minuetto, ndr) per poter utilizzare questa garanzia bancaria a disposizione della real casa ma quando l’affare sfumò mi trovai a pagare decine di migliaia di euro a Rosario Poidimani, i costi che lui diceva di aver sostenuto per tenere in stand by la garanzia. Poi decisi di denunciare il tutto alla Guardia di Finanza di Gallarate perchè in realtà questi soldi non avrei dovuto metterli». Le vicende della real casa di Portogallo, di Rosario Poidimani e degli altri imputati in questa storia continuerà nelle prossime udienze.
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