Tangenti ex-Maino, Miano: “Paggiaro mi offrì soldi”
Uno dei due imputati, accusato di aver intascato tangenti insieme a Caianiello, si difende: "Era disperato perchè la famiglia lo aveva spodestato dalle sue società e voleva vendicarsi bloccando Esselunga. Io rifiutai"
Nuova udienza per il processo che vede come imputati Gioacchino Caianiello e l’architetto Piermichele Miano con l’accusa di aver intascato una mazzetta da 400 mila euro dall’imprenditore Leonida Paggiaro in relazione alla realizzazione del supermercato Esselunga sorto nell’area dell’ex-Maino di Gallarate. In aula sarebbero dovuti comparire due testi, Sabrina Paggiaro e Federica Motta, che però non si sono presentati e non sono nemmeno stati trovati ai loro rispettivi indirizzi dopo l’ordine del presidente del collegio giudicante Novik di farli accompagnare coattivamente in aula.
L’udienza è dunque iniziata con un notevole ritardo con l’escussione dell’imputato Miano che ha ricostruito la vicenda dai primi rapporti lavorativi avuti col Paggiaro stesso: «Ho iniziato a collaborare con lui nel 1989 per la costruzione dell’area industriale lungo l’autostrada – ha raccontato – poi nel 2000, di ritorno dalla Spagna, tornò ad avvalersi della mia collaborazione per l’area ex-Digital». Dopo la lunga ricostruzione la domanda del pubblico ministero Francesca Parola va a battere sul punto centrale riguardo all’assegno da 10 mila euro sequestrato a Caianiello a firma Miano: «Era un contributo per il partito di cui Caianiello era rappresentante (allora Forza Italia, ndr) – spiega Miano – ma non venne mai riscosso perchè lo stesso Caianiello mi disse che non era quella la modalità con la quale si poteva contribuire. Allora mi diede indicazioni perchè facessi un bonifico ad una fondazione legata al movimento politico».
Quei soldi, che la Procura sostiene essere una parte della tangente, non sarebbero altro che un
L’acrimonia di Paggiaro nei confronti della sua famiglia è stata descritta anche dal geometra Giamporcaro, amico di Caianiello e tramite di un pranzo tra Paggiaro e l’allora plenipotenziario del partito di Berlusconi a Gallarate: «Frequentava il bar di mia moglie e mi chiese di incontrare Caianiello – ricorda il Giamporcaro – fu talmente insistente che alla fine lo accontentai. Ricordo che durante il pranzo offrì dei soldi a Caianiello perchè facesse pressioni sul capo dell’ufficio tecnico in merito all’ex-Maino ma lui disse di no all’offerta dell’imprenditore».
In conclusione è stato ascoltato come teste l’ex-sindaco Mucci, per la seconda volta in aula in questa veste dopo aver testimoniato nel processo Lolita, il quale ha confermato che le vicende familiari di Paggiaro erano ben note in città ma che non ebbe mai a parlarne con Caianiello. La prossima udienza si terrà il 22 novembre.
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