Gli imprenditori di Confartigianato: «Tagliare le tasse, subito!»
L’Associazione Artigiani di Varese ha chiesto a 250 imprese la loro ricetta anticrisi. «Siamo tartassati e ci vorrebbe un po’ di respiro: lavoriamo sei mesi all’anno per lo Stato e due mesi per gli insoluti»
Proseguono le indagini di Confartigianato Varese. La terza puntata, dedicata alla “ricetta anticrisi” delle imprese, ha coinvolto 250 intervistati. Il 30% chiede con urgenza il taglio delle tasse: «Siamo tartassati – dichiarano gli imprenditori – e ci vorrebbe un po’ di respiro: lavoriamo sei mesi all’anno per lo Stato e due mesi per gli insoluti». La riduzione delle imposte, dunque, sarebbe la miglior mossa in assoluto. Poi, «badare ad ogni singola spesa, fare attenzione ai costi, usare in modo corretto e cosciente gli ammortizzatori sociali. Ma anche monitorare produzione e produttività ed aiutare le piccole imprese a lavorare con prezzi decenti. Oggi non si smette mai di pagare, lievitano i costi orari, la concorrenza diventa difficile. Sono finiti i tempi di poter campare tutti alla grande».
Il resto del campione si rivela frammentato: il 10%, per esempio, dichiara di voler «andare all’estero: non per delocalizzare, ma per scovare altri mercati interessanti. Insomma, meglio varcare gli orizzonti e puntare all’export».
Non si nascondono venti di “rivoluzione” («anche se far saltare il sistema è impossibile»), ma quando si tratta di affrontare con serietà il problema non resta che «dimostrare un gran coraggio e darsi da fare. La mancanza di politiche adatte alle microimprese si sente sempre più, e poi quell’innalzamento dell’Iva da un giorno all’altro…!».
Cambiare le regole dell’economia, per un altro 10% degli intervistati, potrebbe risolvere qualche problema: «I nostri concorrenti sono industrie con tremila dipendenti: non possiamo pensare che ciò che vale per loro debba valere anche per noi. Cerchiamo di considerare le diversità imprenditoriali e, negli aiuti, di considerare le micro e piccole imprese come se fossero grandi industrie».
Il fare rete è un argomento che non cessa di attirare l’attenzione degli imprenditori: «Dovremmo organizzarci e aggregarci, ma ci stiamo provando da anni e non abbiano ottenuto alcun risultato. I microimprenditori necessitano di una figura che li tenga insieme e che sia in grado di curare anche l’aspetto commerciale del fare rete». Il lavoro manca, e a questo problema – oggi – nessuno è in grado di dare una vera soluzione. Tra i contoterzisti che soffrono della sofferenza di aziende di maggiori dimensioni alla concorrenza della Cina («che purtroppo cresce e si può combattere solo con una qualità altissima, non con i numeri»), un ulteriore 30% dice che «la recessione è facilitata anche da una rigidità esagerata: sembra che si faccia di tutto per aumentare la crisi e non per farla finire. Insomma, si va nella direzione opposta: invece di incentivare l’economia, la si affossa. Le buone intenzioni, ormai, non valgono più».
Il restante 20% afferma che esiste una ricetta anticrisi facilissima: «Non portarsi a casa gli stipendi». Gli intervistati sono arrivati ad una sorta di punto di non ritorno: «Stiamo utilizzando il patrimonio famigliare ed ormai è tempo che a pagare siano tutti, nel giusto e per quello che si deve. In caso contrario rischiamo che le imprese saltino in aria. Non si può andare per avvocati ogni volta che un cliente non paga e non si può accettare il fatto che qualcuno si permetta di scherzare con la crisi: le strategie, a maggior ragione quelle che interessano direttamente le imprese, non si possono fare a tavolino. Pensiamo al redditometro?».
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