Un referendum per abolire i megastipendi dei parlamentari
È ora di iniziare a riflettere su questa opportunità. E non ci si deve commuovere se il nostro senatore o i nostri deputati sono bravi fioeu. Quando entrano in aula viene loro impedito di esserlo
Nelle famiglie, anche in quelle definite modello e sono largamente la quasi totalità della nostra società fatta di molti ceti, succede che spunti un erede deciso a incamminarsi lungo la strada della vita sbagliata. Ed è un dramma per tutti, soprattutto per i famigliari.
Quando come cittadini della repubblica decidiamo di esercitare il diritto di voto perché attratti dalle chimere ideologiche, da certezze religiose o laiche, da fiducia incondizionata in un candidato, è come se le istituzioni ci chiedessero di adottare uno o più figli per destinarli al più importante servizio pubblico, quello del Parlamento.
Per la verità in questi anni la politica ci ha sottratto la possibilità di indicare i “figli” che vorremmo, ci presenta infatti come un pacco dono già confezionato la lista da votare, davanti alla quale ci arrendiamo amando forse un tantino meno i candidati, ma non tradendo la bandiera che essi sventolano.
Dicevano i nostri avi che la storia è maestra di vita, ma sino a un certo punto se cittadini, società e stati commettono a ripetizione gli stessi errori. Non sempre ci azzeccano le antiche massime e per di più noi ignoriamo anche le meglio collaudate. I romani, che ci hanno tramandato una eccellente scuola di vita, definivano “boni viri”, cioè galantuomini i singoli senatori e tuttavia indicavano come “mala bestia” il senato.
Sono passati duemila anni e nulla è cambiato se a Camera e Senato italici nonostante la tempesta economica mondiale la vita continua a essere tutta rosa, grazie a stipendi, rimborsi, privilegi che deputati e senatori si sono ndati negli ultimi 30 anni, se lo Stato per mantenere il Parlamento si sobbarca a spese appunto maggiorate di quaranta volte rispetto agli inizi degli Anni 80.
E i boni viri che gli italiani hanno mandato a Roma, i nostri figli adottivi politicamente, lottano con accanimento per mantenere la loro beata condizione. Lo fanno eludendo, omettendo, negando anche l’evidenza quando la crisi sta travolgendo i due mondi più sacri agli italiani, a coloro che li hanno eletti: la famiglia e il lavoro.
Boni viri sino a oggi impenitenti, impuniti, arroganti perché certi di ammansire, con costi personali minimi, gli elettori e l’opinione pubblica, sbalordita da tanta impudenza.
II ritorno sulla retta via è però dietro l’angolo e può avvenire con la forza della legge: i cittadini hanno il diritto di indire un referendum che abolisca l’intera normativa del sistema retributivo dei parlamentari.
È ora di iniziare a riflettere su questa opportunità. E non ci si deve commuovere se il nostro senatore o i nostri deputati sono bravi fioeu. Quando entrano in aula viene loro impedito di esserlo.
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