Il Molière di Hendel racconta il peggio dei reality show

Con uno spettacolo totalmente nuovo rispetto ai suoi collaudati monologhi, Paolo Hendel presenta all'Apollonio una rivisitazione curiosa: dove un personaggio del seicento si ritrova catapultato nella tivù di oggi

paolo hendel,  Moliere a sua insaputaPaolo Hendel arriva venerdì sera, 2 marzo 2012, al Teatro di Varese per presentare il suo nuovo spettacolo teatrale: Molière a sua insaputa.

Per la prima volta, non più un monologo, il genere al quale Hendel è affezionato da 20 anni: ma un progetto scritto insieme a Leo Muscato (che cura anche la drammaturgia e la regia) per una compagnia di quattro attori. Una vera e propria rivoluzione per l’apprezzato attore, conosciuto non solo per le sue interpretazioni teatrali ma anche per i suoi interventi televisivi e cinematografici.  Abbiamo provato a chiedergli qualche informazione in più, in vista del debutto varesino. 

“Moliere a sua insaputa”: che significa? Probabilmente quello che vedremo venerdì non è proprio teatro classico…
«No, non sarà teatro classico. Ma non sarà nemmeno uno dei miei monologhi, a cui gli spettatori sono ormai abituati. L’idea di questo spettacolo – che è qualcosa di un po’ diverso da quello che faccio solitamente, un cambiamento che avevo voglia di affrontare – è venuta leggendo Molière. ma come metterlo in scena è un’idea del regista dello spettacolo, Leo Muscato. Che ha immaginato un personaggio di quelli di Molière catapultato in uno spettacolo tivù dei giorni d’oggi. Questo personaggio, Jean Baptiste, non conoscendo i meccanismi della tivù visto che è del 1600, viene irretito da una spregiudicata conduttrice, che lo condurrà in una terribile trappola».

Per la prima volta lavora con un gruppo in scena: ci dica i nomi.
«Innanzitutto, mi faccia dire che sono in scena con tre attori molto più bravi e preparati di me: per prima la diabolica presentatrice, Maria Pilar Pèrez Aspa. Poi ci sono Laura Pozone e Mauro Parrinello, che interpretano in tutto una quindicina di personaggi a testa»

Ha sperimentato con uguale successo teatro, televisione e cinema. A quale delle espressioni artistiche si sente di appartenere?
«Io ho cominciato per caso, che ero già grandicello, con il teatro: per me quindi la scena teatrale resta il primo passo, la priorità. E’ un terreno dove mi muovo più a mio agio e dove mi è più facile trovare il ritmo e il passo più giusto per me. A teatro posso anche lavorare in modo artigianale quando ho qualcosa da dire, senza aspettare chiamate esterne come capita negli altri casi».

L’esperienza televisiva però è stata fortissima: il personaggio di Carlcarlo Pravettoni è rimasto nella memoria di tutti…
«L’esperienza di Mai dire Goal è stata una bella sorpresa, perchè in quel caso ho trovato in televisione la situazione giusta: mi sono subito sentito in forte sintonia con il gruppo. Ero in un gruppo straordinario che mi ha permesso di trovarmi a mio agio e di poter giocare. Con loro è stato possibile ricostruire il personaggio e valorizzarne il risultato. Non come in altri casi, dove ti trovi a disagio».

Si è mai ritrovato nella situazione di Jean Baptiste?
«Se intende “il nostro” Jean Baptiste, e non quello vero di Moliére, si. Mi è capitato più di una volta di stare in trasmissioni dove non sai bene come muoverti, e tutto quello che avevi preparato e ti eri aspettato non funziona. A teatro c’è un tempo sufficiente per cercare di capire dove sei: nei tempi televisivi non ce la fai nemmeno a recuperare, un eventuale falsa partenza»

Cosa si devono aspettare gli spettatori da questo spettacolo?
«Qualcosa di diverso dal normale, anche dalla mia normalità. Per intenderci: in questo spettacolo ci sono momenti comici, ma ci sono anche momenti importanti di riflessione amara, mutuata dal Misantropo di Moliere, che si rivela in questo caso straordinariamente attuale. Ma chi venisse pensando a Carlcarlo Pravettoni rimarrebbe deluso»

Lei ha frequentato con successo la televisione. Cosa dà a un artista, e cosa toglie, questo mezzo?
«La televisione dà una notorietà che funge da spinta importante anche per fare teatro, in qualche modo lo sostiene. Ma il meccanismo è molto diverso. Il personaggio televisivo ha uno spazio di vita di tre minuti, che per il teatro non è niente: in tre minuti, se va bene, si riceve l’applauso e si ringrazia…. E’ importante tenere presente il fatto che si sta giocando su due diversi terreni» 

Mi permetta la domanda maliziosa: non è che è passato dal monologo sull’attualità all’adattamento di Molière perchè è cambiata l’aria nella politica italiana?
«A dire il vero questo spettacolo è stato pensato prima che cambiasse tutto: è una casualità. Però mi lasci dire: ridere delle cose della vita che non vanno per il verso giusto è una cosa importante, naturale, che non viene mai meno. Vero è che un governo più cialtrone, donnaiolo e superficiale offre una maggiore quantità di idee a noi comici: e per questo ringraziamo sentitamente l’abbondanza di materiale che abbiamo avuto fino ad adesso… però dobbiamo ammettere che siamo stati abituati male. Come cittadino, preferisco un governo con cui si può essere in disaccordo anche profondamente, ma che si comporta sobriamente e con bello stile».

paolo hendel moliere a sua insaputaCosa si aspetta dal suo ritorno a Varese?
«Sono curioso di vedere come reagirà a questo nuovo passo, a questa mia nuova avventura. Che in fondo affronta con la satira una certa televisione alla moda, come reality e talent show, che danno vita a meccanismi pericolosi: penso al grande fratello e a giovani che si buttano in esperienze come quelle, cercando scorciatoie per diventare ricchi e famosi. Un meccanismo pericoloso: per uno che ce la fa, e che poi faticherà per mantenere quella posizione, ce ne sono centinaia e migliaia che non ce la fanno. E allora scatta la delusione e il disorientamento, di fronte a modelli così irraggiungibili. Gli psicanalisti avranno da lavorare con questa generazione di ex: si rischia di creare degli infelici, solo per l’audience».

E per raccontare questa distorsione televisiva “usa” Molière…
«E’ sorprendente come Molière abbia scritto cose così attuali sull’iporcrisia e sulla ciarlataneria: un messaggio attualissimo, anche e soprattutto in politica.  Lo Sganarello di Don Giovanni parla decisamente anche a noi».

Provo, per concludere, a riprendere un suo libro del 2003, dal titolo “Ma culo è una parolaccia?”. Adesso che risposta si dà?
«Innanzitutto la ringrazio ma “scrivere un libro" è un termine fin troppo generoso per quel che ho fatto. In effetti avevo pubbblicato un libro di testi di un monologo di anni fa: che di fatto era lo sfogo di un pover’uomo che cercava di capire in qualche modo le cose intorno a lui. Per questo usavo spesso un tono esasperato, condito da parole colorite: e per questo ero spesso criticato, per l’uso delle parole invece che nel merito di quel che dicevo. Quel titolo è nato per gioco, spinto da quella situazione. Ma adesso sono stato abbondantemente sorpassato: adesso dire culo è una cosa da educande»

Teatro di Varese, piazza Repubblica, venerdì 2 marzo 2012 ore 21.00
MOLIÈRE A SUA INSAPUTA

progetto di Leo Muscato e Paolo Hendel
drammaturgia e regia di Leo Muscato
con Paolo Hendel
e con Maria Pilar Pèrez Aspa, Laura Pozone e Mauro Parrinello
Scene e costumi di Carla Ricotti
Luci di Alessandro Verazzi
Musiche originali di Alessandro Sironi
Produzione Paolo Guerra per Agidi
Prevendite: Teatro di Varese (dal lunedì al sabato dalle 11 alle 14 e dalle 17 alle 19; nei giorni di spettacolo dalle 20 alle 21 o dalle 15 alle 16)
Info: tel. 0332/247897
Acquisto on line: www.ticketone.it 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Febbraio 2012
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