“La Svizzera è il primo datore di lavoro della Lombardia”
Il cancelliere di Stato del Canton Ticino, Giampiero Gianella, ha partecipato all'incontro delle Ville Ponti sui ristorni dei lavoratori stranieri. «Toglieteci dalla black list»
Il cancelliere di Stato del Canton Ticino, Giampiero Gianella, ha ascoltato per quasi un’ora Roberto Formigoni e gli amministratori locali intervenuti alle Ville Ponti per trattare la questione dei ristorni, la quota (38,8%) di ritenute fiscali versate dai lavoratori frontalieri italiani e che la Svizzera deve a sua volta restituire allo Stato italiano. Soldi che, dopo un anno e mezzo, Roma consegna ai comuni di frontiera.
Gianella, la sua attenzione si è destata quando l’assessore regionale Raffaele Cattaneo ha tirato fuori la questione della black-list. Voi non siete un paradiso fiscale?
«Noi siamo il secondo partner economico dell’Italia, quindi la questione non è di poco conto. L’altro punto dell’accordo riguarda proprio quella questione che dovrà essere affrontata e risolta. Roma e Berna hanno ristabilito un dialogo, questo mi sembra un aspetto importante».
I sindaci hanno sollevato questioni riguardanti gli ammortizzatori sociali per i lavoratori frontalieri, il dumping salariale e la fuga di professionalità formate in Italia che oggi lavorano in Svizzera. Lei pensa che il tavolo di lavoro tra i due Stati darà risposte a questi problemi?
«La Svizzera non prende solamente. Il Canton Ticino è il primo datore di lavoro della regione Lombardia. Noi rappresentiamo una risposta alla crisi del mercato del lavoro italiano, assorbendo quei lavoratori che vengono espulsi dalla vostra economia. Il problema per noi si pone invece sulle qualifiche più alte. Un tempo erano solo gli svizzeri che lavoravano nel nostro terzario e nei servizi, oggi invece lavorano molti professionisti italiani. Questo crea una competizione interna tra lavoratori».
I comuni di frontiera temono che la quota del 38,8 % dei ristorni dei lavoratori frontalieri venga ritoccata al ribasso. Sarà così?
«Ci sono aspetti che vanno valutati anche sul versante svizzero e non solo su quello italiano. L’importante è che non ci si metta l’uno contro l’altro, poi sulla revisione della percentuale si vedrà».
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