Univa: “La riforma Fornero va riequilibrata”
La valutazione della Giunta dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese sul progetto di riforma del mercato del lavoro al vaglio del Parlamento
Mentre nei primi tre mesi del 2011 erano state autorizzate 3.474.223 ore di cassa integrazione, nello stesso periodo di quest’anno ne sono state autorizzate 4.675.557, il 34,58% in più. Globalmente, a marzo 2012, sono state autorizzate 7.281.127 ore, in aumento del 9,7% rispetto allo stesso periodo del 2011. In particolare, si è verificato un aumento del 35,83% della cassa ordinaria e una diminuzione di quella straordinaria e di quella in deroga pari rispettivamente al 15,90% e al 26,79%.
Una situazione, dunque, ancora critica, quella del mercato del lavoro in provincia di Varese, che fa il paio con quella della stretta creditizia.
«In un quadro di tale precarietà del sistema economico- scrive in una nota la Giunta di Univa – se lo scopo della riforma del mercato del lavoro è quello di accrescere l’occupazione, è necessario riequilibrare il testo attualmente al vaglio del Parlamento, eliminando le rigidità in ingresso che sono state previste dal Governo. Andrebbe cioè mantenuta un’adeguata flessibilità in entrata, con controlli attenti per evitare gli abusi, migliorata la flessibilità in uscita con un posizionamento diverso degli uffici pubblici di collocamento, che dovrebbero meglio dialogare anche con il privato per favorire la rapida riqualificazione e quindi ricollocazione delle persone che perdono l’occupazione».
«La riforma Fornero, così come è approdata in Parlamento, sembra invece andare nella direzione opposta. Per quanto riguarda la flessibilità in entrata, contratti a termine, collaborazioni a progetto, partite Iva vengono infatti sottoposti ad un regime talmente rigido di norme che ne ridurrebbero l’operatività, anche in considerazione dell’oneroso impianto sanzionatorio.
Vi è la sensazione che alla base permanga sempre una cultura di diffidenza nei confronti delle imprese e manchi invece la consapevolezza che le regole del lavoro non possono essere disgiunte dalle esigenze del mercato e delle aziende».
«Ed è proprio una tale discrasia quella che finirebbe per provocare un ricorso distorto alle tipologie contrattuali diverse da quelle del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Le regole non possono non tenere conto del contesto economico, ma devono assecondarlo se vogliono essere efficaci nel loro intento di favorire l’occupazione. Dovrebbe cioè essere perseguita quella logica di salvaguardia delle forme di lavoro richieste dal sistema produttivo per rendere più dinamica la risposta alle richieste di mercato».
«Gli attuali strumenti di accesso al lavoro appaiono idonei a soddisfare le esigenze delle imprese. Ne vanno evitati gli abusi. Per far questo sarebbe sufficiente, anziché ridurne la potenzialità, aumentare i controlli affinché l’utilizzo sia sempre coerente con gli scopi per i quali sono nati.
Ad esempio togliendo la causale sui contratti a termine e mantenendo i 36 mesi massimi senza includere in tali periodi il lavoro somministrato, di natura legale e sostanziale diversa rispetto al tempo determinato. Oppure trasformando, per contratti a termine e partite Iva, quanto ora proposto come articolato legale, in buone prassi per gli uffici ispettivi, evitando così di rendere tali forme contrattuali inapplicabili. Anche l’intervento sull’apprendistato non è così incisivo come sembrava dover essere dalle dichiarazioni del Governo. L’auspicio, dunque, è che la fase di approvazione da parte del Parlamento abbia ad introdurre correttivi per evitare che la riforma, anziché essere di stimolo alla ripresa, abbia ad ottenere l’effetto contrario».
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