Nikolajewka, storia della via di una battaglia per tornare a casa
Settant'anni fa gli scontri tra gelo, fame e pidocchi nella sacca del Don per gli alpini mandati dal Duce sul fronte orientale. Il ricordo dei sopravvissuti resiste in una strada nella brughiera
Dove sono finiti gli alpini del Don, quelli che ruppero l’accerchiamento, quelli che sono tornati a casa dalla Campagna di Russia? Sono passati 70 anni esatti dal 26 gennaio 1943 e i testimoni della guerra sono sempre meno (quest’anno se è andato anche Nelson Cenci), il ricordo sempre più velato. Eppure ci sono anche luoghi che parlano ancora di quell’immane tragedia e, tra questi, ce n’è un luogo umile eppure significativo: a Cardano al Campo c’è l’unica via della provincia di Varese che ricordi la battaglia di Nikolajewka, il grosso borgo quasi al confine con l’Ucraina dove le truppe alpine e la fanteria italiana affrontarono il grosso delle truppe russe, per rompere l’accerchiamento e continuare la ritirata verso casa. Una battaglia non più per la guerra fascista – il Regime aveva mandato in Russia 230mila uomini – ma solo per poter tornare a casa e vivere in pace – tornarono in 140mila. Solo a Nikolajewka morirono in tremila, per farsi strada: «Un’epica carica della disperazione», la definiva il novarese Pasquale Grignaschi nel suo libro di memorie (era il tenente della compagnia di Angelo Giuliani, un alpino di Bardello che non tornò dalla Russia).
Via Nikolajewka sta nella periferia di Cardano, cittadina vicino a Malpensa, ieri terra metalmeccanica, oggi sempre più di gente che vive d’aeroporto. È una strada stretta, residenziale, quasi sull’orlo del “gradino morenico”, dove le colline guardano la grande pianura industriale verso Milano e il Po. A Cardano – meta anche di grande immigrazione dal Nord-Est, negli anni Sessanta – l’idea di ricordare la battaglia che aprì la via del ritorno risale al 26 febbraio 1963, un mese dopo le celebrazioni del ventennale della battaglia: il Gruppo Alpini di Cardano al Campo, «sicuro di interpretare il desiderio di quelli che non tornarono, dei loro familiari e di quanti sono sopravvissuti», in una lettera a sindaco e giunta cardanesi propose ufficialmente «di dedicare con il nome di questa Battaglia, una Via del nostro paese, qual’ora in un prossimo futuro se ne presentasse la opportunità» (a destra: lettera firmata dall’allora presidente Luigi Bernasconi; le immagini e i documenti d’epoca sono stati forniti dal Gruppo Alpini di Cardano).
La via Nikolajewka divenne realtà nel giro di un paio d’anni. Oggi nella zona periferica detta “del Moncone” ci sono anche via Tridentina e via Julia, dal nome delle due divisioni alpine che – insieme alla Cuneense – furono mandate a combattere nelle steppe russe.
«E quei pochi che siamo rimasti, dove siamo ora?», si chiedeva Mario Rigoni Stern, il sergente nella neve. Nel cinquantesimo della battaglia, nel 1993, anche gli Alpini cardanesi andarono nella città di Rossosch, che fu la sede del comando alpino sul fronte del Don: questa volta tornavano non più da invasori, ma per inaugurare un asilo per i bambini russi del luogo, a cui avevano contribuito gli Alpini di tutta Italia.
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