Il lavoro femminile aumenta il PIL

In occasione dell'8 marzo, il Coordinamento Donne Cgil, Cil e Uil hanno parlato del ruolo fondamentale delle donne nello sviluppo economico del paese

I paesi che registrano alti tassi di occupazione femminile godono di un prodotto interno lordo più elevato. Questa enunciazione, confortata ormai da svariate evidenze, è stata al centro della relazione di Melissa Oliviero, della segreteria regionale Cgil, intervenuta questa mattina, al centro congressi De Filippi di Varese nell’ambito del convegno “Un altro Welfare possibile” organizzato in occasione dell’8 marzo dal Coordinamento Donne Cgil, Cisl e Uil.

« Le donne di successo che lavorano adottano schemi maschili, rinunciando spesso a fare figli. A tutt’oggi, invece, non ci sono stati che hanno assunto modelli femminili. L’Italia si trova al 74esimo posto nella graduatoria del “gender gap” cioè del divario delle condizioni socio economiche di donne e uomini. Dopo di noi, in Europa, ci sono solo Malta e la Romania».

Melissa Oliviero ha evidenziato come le differenze inizino già alla prima occupazione: « I dati dimostrano come, a un anno dalla laurea, sia occupato il 59% dei ragazzi contro il 53% delle ragazze. E che il divario tra le loro retribuzioni sia del 23% contro la media europea del 12%. L’Italia ha ancora posizioni sociali e culturali arretrate: non è mai esistito un primo ministro donna, pochissime siedono nei tavoli dirigenziali. Persino nell’ultima tornata elettorale lombarda la componente femminile eletta è una minoranza netta».

La delegata regionale ha parlato di “segregazione orizzontale” ( « le donne si addensano in alcune professioni di solito meno retribuite») e di “segregazione verticale” (« tra le fasce dirigenziali loro occupano, in genere, quelle più basse: i dirigenti sono il 12% contro il 33% di media in Europa»).  Ha toccato il tasto dolente dell’uscita dal mondo del lavoro una volta diventate madri (« tra il 2006 e il 2010 sono state 20.000 le lavoratrici che hanno abbandonato spesso costrette») e del loro rientro spesso con contratti part time: « Non dimentichiamo che questi contratti peseranno molto una volta che si andrà in pensione. Il sistema contributivo provocherà nuove sacche di povertà».

Per Melissa Oliviero, però, molto si deve fare sul piano culturale: « Le ragazze si affollano nelle facoltà universitarie umanistiche, lasciando ai ragazzi i percorsi scientifici che permettono possibilità di carriera più prestigiose e meglioipagate. Occorrerebbe un buon legislatore pubblico che riuscisse a invertire questa tendenza, stimolando e incentivando percorsi scientifici tra le studentesse con borse di studio ad hoc».

Ma perchè le donne dovrebbero impegnarsi di più? E qui arriva il modello di sviluppo basato sul welfare: « Le donne lavoratrici hanno bisogno di servizi. E questi servizi sono lavori che permettono l’impiego di altri lavoratori. Un sistema efficiente di sostegno alla famiglia permetterebbe di accrescere l’offerta di lavoro e creerebbe maggior stabilità economica. Il tasso di natalità aumenterebbe, creando quel circolo virtuoso di richiesta e offerta di lavoro. Le stime indicano che con un tasso di occupazione femminile elevato, il PIL aumenterebbe del 22%». Stime che non sono solo europee ma anche italiane: « Dal confronto dei dati di regioni quali l’Emilia e la Campania, per esempio, si vede come nella prima l’ occupazione femminile al 62% permetta un tasso di natalità largamente superiore a quello della Campania dove solo il 27% delle donne lavora».

Anche in un momento critico per l’economia come quello attuale, riflettere sulle potenzialità del lavoro femminile, dunque, potrebbe essere un volano importante.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Marzo 2013
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