La prima omelia di Papa Francesco. “Non abbiate della paura della bontà e della tenerezza”

Centra l'impegno suo e di tutti i cristiani nella custodia, chiede ai potenti di prendersi cura del creato, ricorda di avere un potere, ma che di fatto gli è stato dato un servizio. Il nuovo papa Bergoglio riporta la Chiesa al suo cuore pulsante

Papa Francesco nell'OmeliaE’ un’omelia dirompente nella sua semplicità quella che pronuncia Francesco, divenuto Papa con la messa di oggi 19 marzo 2013 sul sagrato di San Pietro. Un’omelia che riporta la chiesa al suo cuore pulsante, pur non dimenticando niente di ciò che è successo, di ciò che Lui da oggi rappresenta, di ciò che il mondo è.  

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Il primo  a essere ricordato, all’inizio della sua omelia, è Benedetto XVI: «Questa cerimonia avviene nella giornata di San Giuseppe, sposo della vergine Maria e padre della chiesa universale: è una coincidenza molto significativa, oltre che essere il giorno dell’onomastico del mio predecessore, che saluto con affetto e a cui vi chiedo di pregare»  Ma quell’inizio serve per ricordare e introdurre invece  la figura del santo, che viene considerato innanzitutto "custode della Chiesa": «Una custodia fatta con discrezione, umiltà e nel silenzio, ma con una presenza costante e una obbedienza totale, anche quando avvengono cose che non comprende». Primi segni di come vivrà la sua presenza nella "casa" che il Vaticano gli ha preparato come custode della Chiesa Cattolica, insieme ad altri accenni in altri angoli della sua omelia: «Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma la fedeltà alla sua parola: è Dio stesso a realizzare la sua casa, ma con pietre vive».

Il termine Custode – come l’assenza della parola Papa, che lui mai pronuncia per sè – è il punto di riferimento dell’omelia di Francesco, che declina in maniera precisa il concetto di custodia: «Vivere con sincerità le amicizie, per esempio, è un reciproco custodirsi: tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Chiedo a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità di essere custodi dell’altro, dell’ambiente: del disegno di Dio iscritto nella natura. Non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo. Per custodire dobbiamo però avere anche cura di noi stessi: ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita. custodire significa vigilare sui nostri sentimenti e sul nostro cuore, perchè è da li che arrivano le nostre intenzioni, buone e cattive, quelle che costruiscono e quelle che distruggono».

papa FrancescoMa questa custodia non è severa e giudicante: «Non dobbiamo avere paura della bontà e della tenerezza: il custodire chiede bontà, la bontà chiede di essere vissuta con tenerezza. Giuseppe è visto come un uomo forte che lavora ma è segnalato come capace di tenerezza, di apertura all’altro, di amore». Non dimentica però, Francesco, di essere egli stesso da oggi un potente:  anche se ancora una volta parla di se come «Vescovo di Roma e successore di Pietro, che ha anche un potere. Certo: Dio ha dato un potere a Pietro. Ma subito dopo gli dà anche il triplice invito: “pasci i miei miei agnelli, pasci le mie pecore”. Il vero potere che gli ha ceduto è il servizio, il cui culmine è la croce». Un servizio dovuto soprattutto «Ai più poveri, i più deboli, i più piccoli: solo chi li serve con amore li sa custodire».

Quindi Francesco ribadisce e riassume, perchè non ci siano fraintendimenti, ciò cui è chiamato Lui e ogni cristiano: «Custodire il creato, ogni uomo e ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, aprire uno squarcio di luce e portare il calore della speranza. La speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio, è stata aperta in Cristo ed ha una base di roccia nel Signore. Custodire ogni persona, specie la più povera, e custodire noi stessi: ecco il servizio che il vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui siamo chiamati tutti noi». 

Il testo integrale dell’Omelia

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Marzo 2013
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