I tifosi a Vavassori: “Ma che colpa abbiamo noi?”
Sul sito del Pro Patria Clubs è stata pubblicata una lettera di un tifoso storico della Pro che chiede al Patron biancoblu il perché delle parole
Pubblichiamo la lettera firmata apparsa sul sito del Pro Patria Clubs di un tifoso storico che chiede al Patron tigrotto Pietro Vavassori delle spiegazioni per le dichiarazioni del presidente verso i sostenitori che hanno fischiato la squadra dopo il ko di Santarcangelo.
Dottor Vavassori, mi permetta, per una volta, di rivolgerle poche righe domandandole cortesemente ascolto e attenzione. Io non la conosco personalmente, non ho mai avuto il piacere di parlare con lei e per questo affido al sito del Pro Patria Club tutto quello che vorrei dirle, quello che vorrei chiederle, quello che vorrei provare a comprendere. Su queste pagine virtuali, tempo fa, prima del suo arrivo alla Pro Patria, piansi la disperazione di non poter coronare il sogno di far conoscere i colori biancoblù al mio piccolo bambino perché la Pro Patria stava per sparire nel nulla. Arrivò lei e la Pro continuò la sua storia permettendo a mio figlio di avvicinarsi con stupore e fanciullesca leggerezza al fascino ancestrale delle tigri di Busto: non la ringrazierò mai abbastanza per questo. Tuttavia, questo sentimento di riconoscenza è stato da subito aggredito dalle sue parole fredde e da incomprensibili rimproveri che hanno innalzato una cortina invalicabile tra la sua figura e i tifosi della Pro Patria. Questo è il primo dilemma che dilania i miei pensieri: perché ha voluto immediatamente prendere le distanze da noi? Certo, non è una colpa essere riservati e di poche parole (anzi, oggigiorno è virtù sempre più rara in un mondo fanfarone e drammaticamente circense), ma non riesco a capire per quale motivo non ha mai voluto essere amato dalla sua gente. Lei sa benissimo di quale e quanta passione è capace il popolo della Pro, perché non ha mai sentito la necessità di farsi sfiorare dal calore e dall’energia di tanto affetto -attenzione: non ho detto “coinvolgere”, solo e semplicemente “sfiorare”- ? Le facciamo paura? Non credo. Crede che ridurre le distanze con i tifosi possa intaccare la lucidità e la fermezza con cui intende guidare la società? Non penso. Sa, a questo punto, cosa viene da pensare? Che le facciamo un pochino di schifo e che lei ci consideri come un gruppetto di scemi del villaggio a cui concedere, benevolmente, la grazia di non far cessare lo spettacolino a cui tengono così tanto. Detto così è forse un concetto crudo, ma le giuro che è l’esatta impressione che ho al riguardo. Cosa avremmo dovuto fare per renderci meritevoli della sua considerazione? Abbiamo ingoiato tonnellate di rospi prima del suo avvento alla Pro Patria. Abbiamo macerato le nostre anime e le nostre fievoli speranze durante la trattativa che la vide coinvolto con la famiglia Tesoro. Abbiamo rinunciato tra le lacrime alla festa di Salò per permettere la sopravvivenza della società : questo non bastava da solo a farle provare un po’ di stima e di comprensione verso i tifosi della squadra che stava rilevando in quelle drammatiche ore? Evidentemente no. Avevamo da poco vissuto l’era dei sogni finti e della B di cartone e, pochi mesi dopo abbiamo avuto la forza di rivivere quelle amare sensazioni con il cuore in frantumi ma con la fierezza di chi sa soffrire per permettere ai propri colori di non scomparire. Lei ha fatto finta di nulla, considerando questo avvenimento come il prezzo minimo che dovevamo pagare per sopravvivere. L’abbiamo fatto, abbiamo pagato la nostra quota. Eppure lei ha continuato a dispiegare la concertina di filo spinato, a scavare la trincea e a riempirla di coccodrilli facendoci sempre sentire inadeguati e in debito perenne nei suoi confronti. Poche settimane fa la salutai nel parcheggio dello stadio di Mantova, lei mi rispose con una faccia scura, quasi infastidito. Le confesso, sono un pochettino ingenuotto e mi sarebbe bastato un mezzo sorriso, un gesto, una parola in più per alimentare in me il crepitio della passione. Forse avrei vissuto diversamente la penosa sconfitta e l’avrei considerata un incidente di percorso facendo finta di non sentire il glaciale filo di lama della mannaia appoggiata al nostro collo. Nonostante tutto, i ragazzi sono usciti dal Martelli tra gli applausi. Ma questo non ha suscitato nessun interesse. I pochi fischi al termine della gara interna col Santarcangelo, invece, sono stati meritevoli della sua accesa reprimenda accompagnata dalla minaccia di lasciarci in braghe di tela cercando una piazza migliore di Busto Arsizio. Davvero ci meritiamo questo trattamento? Davvero? Lei è davvero convinto che facciano più male pochi fischi pieni di amore rispetto a poche parole piene di rancore? Perché tutto ciò Patron? Dobbiamo scontare colpe non nostre? Dobbiamo scontare il fatto di essere pochi? Ci dica, una volta per tutte, quale è la nostra colpa. Ci dica, per piacere, cosa vuole da noi. Potremmo essere un’isola felice a Busto Arsizio, potremmo esserlo davvero, quale è il male oscuro che infetta i nostri rapporti? Ci parli Patron, la prego, ma ci parli con l’orgoglio di possedere la Pro Patria, ci parli con la consapevolezza di avere al suo fianco dei tifosi impagabili. Forse pochi e forse un po’ rompiballe, ma che non abbandoneranno mai la Pro Patria qualunque cosa accada. Qualunque cosa…
Grazie
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