Leonardo Manera: “A teatro il Voltaire dei nostri giorni”

Il comico e attore presenta lo spettacolo "L'ottimista", tratto dal libro del celebre scrittore. L'appuntamento a teatro è per venerdì 12 aprile, alle 21

Leonardo Manera a VareseLeonardo Manera torna all’Apollonio con “L’ottimista”, uno spettacolo che reinterpreta il racconto di Voltaire dando voce e vita ai personaggi che ne costituiscono il cuore narrativo, evidenziando gli elementi comici e grotteschi che fanno parte anche del nostro vivere di uomini e donne del ventunesimo secolo. Uno spettacolo che alterna il lato comico dell’attore a quello più drammatico, discostandosi dai personaggi che il pubblico è abituato a vedere a Zelig (Petrektek e Kripztak, Eugenio, Piter) ma regalando una vera e propria storia. Un’ora e venti di risate ma anche di riflessioni perché il Voltaire reinterpretato da Manera, crea un ponte diretto con la società di oggi e i suoi problemi. Senza dimenticare la formula per provare ad essere felici. Dal 1759, anno della pubblicazione del Candido di Voltaire con Manera arriviamo ai giorni nostri. Ecco come. L’appuntamento a teatro è per venerdì 12 aprile, alle 21. Aperte le prevendite. 

Leonardo ManeraLeonardo, come nasce questo spettacolo?
«Il libro l’ho letto vent’anni fa e mi sarebbe piaciuto fin da subito farne uno spettacolo teatrale. Oggi ci sono riuscito e porto a teatro la rivisitazione del testo di Voltaire. In questo spettacolo racconto il libro e i paralleli con la vita di oggi: la difficoltà di essere felici, il dolore e la sofferenza ma anche la ricerca dell’amore possibile e della felicità. Gli abusi di potere, il fanatismo religioso e tanti altri elementi che c’erano nella società di allora e nella società di oggi»

C’è anche una soluzione alla felicità perduta nel tuo spettacolo?
«Il finale del libro di Voltaire da la risposta. Il protagonista, alla fine, sposa la donna che ha inseguito per tutta la vita ma non si ama più. Credo che quindi, la risposta sia che ognuno deve coltivare il proprio orto, nel senso di fare e realizzarsi nel proprio lavoro per non dare spazio al vizio, al male e al bisogno. Credo che quindi la risposta sia nel darsi da fare, piuttosto che inseguire per una vita delle utopie»

Teatro e televisione, c’è un ambiente che preferisci?
«La televisione permette di farti conoscere e ti dà una grande popolarità. Dall’altra parte, molte volte ti lega a dei personaggi dai quali fai fatica a staccarti. Il teatro invece, ha tempi più lunghi e ti permette di costruire una storia e costruire un rapporto con il pubblico»

Come nascono i tuoi personaggi?
«Da spunti, persone, situazioni che vivi nella vita reale. Le rielaboro e le riscrivo a modo mio. Nascono così, anche se il 50% delle cose che inventi poi le butti»

C’è un personaggio al quale sei più affezionato di altri?
«È sempre quello nuovo nel momento in cui lo si fa. Dopo un po’ mi stanco di proporre la stessa cosa e cerco di portare novità, personaggi nuovi»

Come sta il teatro in Italia oggi?
«Non bene, anche perché in una situazione generale di crisi la prima cosa a cui rinuncia la gente è la cultura. Questo è un vero peccato perché andare a teatro, per esempio, significa anche socializzare, condividere esperienze con altre persone. Noi, da parte nostra, siamo chiamati a fare le cose bene e in modo onesto»

Gli ostacoli che hai incontrato nella tua professione da quando hai iniziato ad oggi?
«La cosa più difficile è farsi conoscere. Oggi è farsi conoscere rispetto a quello che faccio a Zelig. In molti, quando vengono ai miei spettacoli si aspettano di vedere i personaggi che vedono in tv ma ci sono anche altre cose diverse. E poi, è difficile riuscire a lavorare sempre. Questo è un lavoro che non si sa mai come va».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Aprile 2013
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