Truffa degli assegni, l’ex-vicequestore in aula come teste

Giovanni Broggini è comparso nel processo a Sebastiano Patti e Livio Rapa per la maxi-truffa degli assegni clonati. Il pm ha chiesto chiarimenti sull'incontro in commissariato con l'imputato e la testimone chiave

L’ex-primo dirigente del commissariato di Busto Arsizio Giovanni Broggini torna nella città dove ha guidato la Polizia dal 2009 al giugno 2012, questa volta per comparire come teste nel processo a Sebastiano Patti e Livio Rapa accusati di una maxi-truffa ai danni di ignari risparmiatori bustocchi (e non solo) ai quali venivano svuotati i conti correnti attraverso assegni falsi intestati a loro nome e grazie a impiegati di banca compiacenti che fornivano i cosiddetti specimen (le firme originali, ndr) e informazioni sui conti più cospicui dai quali prelevare. Una vicenda che si è concetizzata nel giugno del 2012 con l’arresto di Sebastiano Patti, considerato la mente della banda, e di altre 13 persone. 

Questa mattina il pubblico ministero Raffaella Zappatini ha sentito Broggini in riferimento ad un episodio particolare che lo ha visto protagonista: l’incontro nel suo ufficio nel commissariato di via Candiani risalente al 9 febbraio 2012, quando Patti e un’impiegata di banca che l’uomo stava cercando di "convincere" a collaborare con la banda, si sono recati presso l’allora primo dirigente (oggi Broggini non fa più parte della Polizia, ndr) per chiedere due cose: la cittadinanza italiana per la giovane marocchina e la possibilità di trovare impiego presso un’altra filiale della banca per la quale lavorava. La donna, divenuta poi testimone chiave dell’inchiesta, era stata avvicinata da Patti qualche tempo prima con mirabolanti promesse come, ad esempio, quella di poter ottenere in breve tempo la cittadinanza italiana. 

Broggini ha risposto alle domande del pm sulla sua frequentazione con Patti, pluripregiudicato e in quel momento già nei guai per un giro di usura del quale avrebbe fatto parte, confermando di averlo conosciuto tempo prima: «Lo conobbi ai tempi del mio incarico al commissariato di Gallarate – ha raccontato – per via dei guai giudiziari del figlio, poi deceduto, il Patti mi aveva espresso le sue preoccupazioni. Inoltre, abitando nella stessa città di mia suocera lo incontravo di tanto in tanto in alcuni bar di Cassano Magnago dove era conosciuto da tutti». Venendo all’incontro del 9 febbraio Broggini ha confermato di aver predisposto quel colloquio con lui in precedenza in quanto  «il Patti mi aveva chiesto di vederci per presentarmi questa sua amica, alla quale mi aveva detto di tenere particolarmente, in relazione alle modalità per ottenere la cittadinanza e alla questione lavorativa».

Broggini ha negato di aver promesso alla donna di poter avviare una corsia preferenziale far avere in 2-3 mesi la cittadinanza e ha ribadito che si sarbbe limitato a «spiegare l’iter che  avrebbe dovuto seguire». Sulla questione dell’impiego presso un’altra filiale della Banca ha confermato di aver detto «vedremo cosa si può fare» ma senza aver dato seguito a quella promessa. Broggini, inizialmente coinvolto nell’indagine e ora in attesa di archiviazione della sua posizione, è dovuto ricorrere ad un difensore d’ufficio (Tiberio Massironi, ndr) in quanto la richiesta da parte del sostituto procuratore non è stata ancora evasa dal Tribunale. Broggini, inoltre, risulta essere ancora indagato per il reato di omessa denuncia di reato in relazione alla sparizione di alcune dosi di sostanza stupefacente dal commissariato di Busto Arsizio.

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Pubblicato il 10 Luglio 2013
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