Diario di Stoà dalla “terra del Santo”
Nuovo racconto del pellegrinaggio: "Partiamo di buon mattino da Zababde e ci dirigiamo verso Gerico"
Benedetta Candiani, direttrice del Centro Giovanile Stoà di Busto Arsizio, insieme a tutti i giovani in pellegrinaggio, ci scrivono un piccolo diario del viaggio nella "Terra del Santo". Qui le puntate precedenti.
Nel cuore rimarranno sicuramente i volti e le parole dei molti amici di Zababde che in questi due giorni abbiamo conosciuto: immagini che si stampano nei cuori e che ci portiamo a casa, perchè questa terra è così ricca e complessa che è possibile capirci qualcosa solo incontrando le persone, ascoltando le loro storie e i loro punti di vista… E, grazie ad ognuno, si aggiunge un pezzettino in più, si apre uno spiraglio nuovo di conoscenza, di comprensione.
Partiamo di buon mattino da Zababde e ci dirigiamo verso Gerico. Prima di raggiungerla, ci fermiamo sul Giordano, in un punto in cui riemerge dal deserto; lì fa da confine con la Giordania e lì si fa memoria del Battesimo di Gesù.
Un luogo emozionante, ricco di fascino spirituale, dove pellegrini di ogni tipologia e da ogni parte del mondo accorrono per toccare o immergersi con tutto il corpo nell’acqua di quel fiume, in quel punto così torbido eppure così capace di far germogliare una quantità infinita di piante, fiori, di dar riparo a uccelli e animali, di far fiorire un deserto che altrove sembra senza possibilità di vita. Lì, al Giordano, abbiamo meditato sul senso biblico di quel fiume, unico, capace di creare un’oasi meravigliosa e viva per poi tornare sotto terra, scorrere sotto il deserto, arrivando a toccare le profondità più estreme, in un corso tortuoso che sembra non poter essere mai prevedibile. Così come succede nelle nostre vite, in cui la grazia di Dio pare non abbandonare mai l’uomo, sia nei suoi momenti più rigogliosi e fertili, sia in quelle bassezze che contraddistinguono la vita di ognuno. Proprio in quel fiume Gesù si è messo in coda, tra i peccatori, per farsi riconoscere e riconoscersi il figlio prediletto. Quel Gesù tanto umano che ci sta tanto affascinando in questi giorni di pellegrinaggio, interrogando così da vicino la quotidianità di ciascuno.
Dopo un visita a Gerico, sia alla città nuova che a quella antica, partiamo per una camminata nel deserto alla volta della Laura di San Giorgio in Koziba… era la strada “da Gerusalemme a Gerico”, quella che anche Gesù aveva percorso tante volte e che raccontava nella parabola del buon samaritano. Il sole ci cuoce. Camminiamo in fila indiana con una vista spettacolare: deserto, un dirupo alla nostra sinistra, un cielo azzurro senza una nuvola… Una meraviglia. Arriviamo a San Giorgio, un monastero ortodosso abitato da soli quattro monaci, circondato da piccole abitazioni degli eremiti, scavate nella roccia a cui si accede solo con fragili scale di legno.
Lì celebriamo la messa, tra il deserto e l’oasi, tra rocce e palme di datteri.
Ripartiamo verso Bet Sahour, vicino a Betlemme. Ci accoglie il parroco, Abouna Iyad Twal, siamo ospiti della sua parrocchia cattolica.
Alla sera, parliamo con Abouna Iyad, che ci racconta della situazione dei cristiani palestinesi in questi anni, delle difficoltà, della resistenza per rimanere, della fede che rinforza la speranza.
Il vento soffia fortissimo stasera e ci accompagna nella notte… pronti per un nuovo giorno.
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