Se i bulli e loro vittime vivono nello stesso palazzo

Come mai i due ragazzi picchiati e abusati a San Fermo abitano ancora in quella casa popolare? Per i giudici la madre aveva chiesto un nuovo alloggio, Comune e Aler dicono di no

La testimonianza dei due fratelli di via Tarvisio, picchiati e abusati dagli amici in una cantina di San Fermo, suscita molte domande. Prima tra tutte, la seguente: come mai i fratelli vittime di un pestaggio terribile, i giovani umiliati con la diffusione di un video choc nel quartiere, abitano ancora nelle case Aler di via Tarvisio? Se lo sono chiesto i magistrati che stanno conducendo il processo, quando i ragazzi, interrogati dal giudice Rossella Ferrazzi, hanno spiegato che incontrano ancora sulle scale di casa alcuni protagonisti di quella vicenda (due ragazzi sono stati già condannati, un terzo è sotto processo). Le vittime sono risultate molto reticenti e imbarazzate, di fronte al giudice.

GRIDO DI AIUTO
Secondo i magistrati che condussero l’inchiesta il cima di intimidazione e violenza era già stato denunciato da quella famiglia al comune di Varese. Nell’ordinanza di custodia cautelare che mandò in carcere i responsabili, il gip scrisse che la madre dei due ragazzi picchiati e umiliati, si era già rivolta nel 2011, al comune, per segnalare che i figli erano oggetto di violenze e discriminazioni, e che probabilmente sarebbe stato opportuno cambiare residenza. Al comune di Varese, tuttavia, affermano che nessuno ha mai presentato una domanda in tal senso. Questa mattina, Palazzo Estense ha effettuato una nuova verifica sulle carte in assessorato e non ha rintracciato alcuna richiesta ufficiale. Anche l’Aler di Varese, proprietario dello stabile di via Tarvisio dove sono avvenuti i fatti e dove le vittime vivono, non ha alcuna notizia in merito. Chi ha ragione?
Comunque sia, chi ha visto il processo, due giorni fa, non può non chiedersi se sia fatto tutto il possibile: i due giovani sono in evidente stato di difficoltà,
e anche se non c’è stata alcuna richiesta ufficiale, dalle indagini risulta ben chiaro che quei ragazzi erano vittime sacrificali e abituali dei bulli del quartiere (al di là delle responsabilità penali che la magistratura accerterà). L’assessore ai servizi sociali, Enrico Angelini, non ha voluto commentare. Il presidente e commissario straordinario di Aler, Paolo Galli, ha ricordato che è il comune a dover intervenire. A due anni dagli arresti, dunque, le vittime abitano ancora in quella casa popolare e, a quanto pare, sempre lì resteranno. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Ottobre 2013
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