Regole certe per la rappresentanza sindacale, la disponibilità c’è

Un incontro tra i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Univa e Pietro Ichino per discutere dell'accordo interconfederale del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza sindacale e le regole della contrattazione

Tutti intorno al tavolo come se fosse una trattativa: il sindacato confederale, un senatore della Repubblica, più noto come giuslavorista, e un rappresentante di Confindustria. L’incontro che si è tenuto a Malpensafiere, organizzato dalla Uil provinciale, aveva come oggetto principale l’accordo interconfederale del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza sindacale e le regole della contrattazione.
Quell’accordo pone quattro questioni fondamentali: la disciplina della rappresentatività e la selezione dei soggetti negoziali sul piano nazionale, la costruzione dell’indice di rappresentatività sul dato associativo (deleghe rilevate dall’Inps) e sul dato elettorale (rilevazione affidata al Cnel), lo sbarramento del 5%, e l’efficacia generale del contratto stipulato dalla coalizione maggioritaria anche per i soggetti sindacali.
Pietro Ichino, il noto giuslavorista, è andato dritto al cuore del problema di fronte a una numerosa platea di delegati sindacali. «Occorre una legge che abbia un ruolo sussidiario e che si ritrae di fronte al contratto collettivo. Il principio di sussidiarietà è importante perché l’accordo confederale non è tutto».
Giorgio Ceriani di Univa, pur riconoscendo la non compiutezza dell’accordo, ammette l’importanza di avere regole certe. Una legge però, secondo Antonio Albrizio, segretario provinciale della Uil, non è sufficiente. «Stabilire dei principi non basta, occorre una soluzione attuativa altrimenti la legge rischia di rimanere lettera morta». In effetti, Albrizio sottolinea la molteplicità dei livelli che si intrecciano in una legge sulla rappresentanza sindacale, situazione che rischia di oscurare da una parte il ruolo giocato dalla contrattazione di secondo livello, dall’altra il senso di autonomia che caratterizza il sindacato confederale.
«La Cisl è contraria a una traslazione legislativa dell’accordo – ha rimarcato Carmela Tascone segretario della Cisl dei Laghi -. Se si sente il bisogno di una ratifica esterna occorre sapere che può ledere l’autonomia del sindacato. Penso inoltre che in questi cinque anni di crisi la rappresentatività del sindacato confederale abbia dimostrato la sua efficacia».
Ichino chiama più volte in causa la Cgil definendola «la mia casa», perché lì mosse i primi passi da giuslavorista e lì rimase per dodici anni. Antonio Ciraci, della Camera del lavoro di Varese, ascolta e incassa con savoir faire la definizione di «conservatorismo» riferita alla Fiom nella gestione della vicenda Fiat, replicando a sua volta che la stagione degli accordi separati è stata una ferita anche per la Cgil. «Democrazia, rappresentanza e contrattazione – ha detto Ciraci – sono nel dna del sindacato confederale. L’accordo del 31 maggio è importante perché costruisce nuove relazioni industriali e su questo accordo in Cgil c’è un consenso diffuso, Fiom compresa, perché siamo consapevoli che bisogna ricostruire un linguaggio comune. La contrattazione aziendale è il luogo dove si discutono aspetti non regolati dal contratto collettivo nazionale, ma va intesa come migliorativa e non peggiorativa».
L’idea di un intervento legislativo in materia di rappresentanza sindacale era uno degli argomenti che la Uil sosteneva già molti anni fa. «Mi fa piacere che sia entrato a pieno titolo nel dibattito sindacale attuale  – ha concluso Claudio Negro, segretario regionale della Uil -.Una rappresentanza sindacale basata su regole certe è l’unico modo per eliminare il potere di interdizione dei sindacati di comodo e in grado di garantire l’effettività erga omnes (nei confronti di tutti, ndr) degli accordi».

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Pubblicato il 29 Novembre 2013
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