Scovati 45 furbetti, percepivano illecitamente la pensione sociale
Si tratta di italiani all'estero, stranieri tornati nei paesi d'origine, parenti di persone decedute e finti poveri come nel caso di un maestro di arti marziali con un conto milionario. L'operazione è delle Fiamme Gialle

Percepivano illecitamente pensioni sociali o di invalidità da anni senza averne diritto. Sono 45 i furbetti dell’operazione "Crafty" portata a termine dalla Guardia di Finanza di Varese, incrociando tutta una serie di dati che hanno permesso di fare un po’ di pulizia nelle liste dei percettori di assegni sociali da parte dell’Inps. I risultati dell’operazione sono stati presentati questa mattina, sabato, al comando di piazzale Foresio dal comandante provinciale Antonio Morelli e dal capitano Roberto Cipullo: «L’azione ispettiva ha permesso di risparmiare alle casse dell’Inps una cifra consistente perchè l’erogazione di questi assegni è stata immediatamente bloccata – ha detto il comdandante provinciale che poi ha illustrato i numeri dell’operazione – 45 persone denunciate per truffa ai danni dell’Inps in tutta la provincia, circa 100 mila euro di beni sequestrati, un milione di euro di danno per le casse dell’ente previdenziale».
Le persone individuate sono di tre tipi: cittadini italiani trasferitisi all’estero ed iscritti all’A.I.R.E. (l’associazione italiani residenti all’estero); cittadini stranieri, formalmente residenti in Italia, ma di fatto ritornati nei paesi d’origine; cittadini italiani titolari di redditi elevati, quindi non aventi diritto alla pensione. Se nei primi due casi le persone identificate risultavano avere diritto alla riscossione delle pensioni, almeno fino a quando la loro residenza era in Italia, nel terzo caso si tratta di cittadini che non avevano neanche maturato il diritto all’assegno. Il capitano della Guardia di Finanza cita l’esempio di un maestro di arti marziali, molto conosciuto a Varese, che in cinque anni ha movimentato sul conto 2,5 milioni di euro ma che percepiva regolarmente una pensione da indigente. Per quanto riguarda, invece, alcuni cittadini stranieri che hanno vissuto in Italia si è verificato che alcuni di questi erano morti ma l’assegno veniva ancora riscosso dai figli; altri erano tornati nei paesi d’origine, perdendo il diritto alla pensione, ma senza averlo comunicato all’anagrafe.
Gli importi mensili di questi assegni variano dai 500 ai 600 euro che, per alcuni stranieri che sono tornati a vivere nei paesi d’origine, equivale allo stipendio che basta a mantenere un’intera famiglia. Il capitano Cipullo ha spiegato che si è arrivati a queste persone incorciando diversi dati. Per gli italiani all’estero si è proceduto verificando il registro dell’Aire mentre per gli stranieri tornati in patria gli agenti sono dovuti andare nei luoghi di residenza in Italia per capire se il beneficiario vivesse davvero qui e incrociare i dati con quelli forniti da ambasciate e consolati. Nel caso dei non aventi diritto si è reso necessario un incrocio di dati sui conti correnti personali.
Il comandante Morelli si è complimentato con i suoi uomini per i risultati importanti che sono stati conseguiti e ha sottolineato come questo sia un fenomeno che si sta verificando ora con maggiore frequenza: «Non è un fenomeno nuovo ma ci stiamo accorgendo che alcuni stranieri che hanno lavorato per anni nel nostro Paese, ora stanno rientrando nei luoghi di origine ma non comunicano il cambio di residenza – ha spiegato Morelli – questo fa in modo che l’Inps continui a erogare l’assegno in quanto non può fare questo tipo di verifiche che compete ai nostri uffici. Sappiamo che in Italia sono state portate a termine altre operazioni come queste con risultati simili. Questi comportamenti da furbi sono diffusi sia tra gli italiani che tra gli stranieri e, sommati, creano un danno non indifferente alle casse della previdenza sociale e una ingiustizia profonda nei confronti di coloro che, magari, ne hanno diritto ma sono in lista d’attesa».
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