“Non l’ho spinta, le ho salvato la vita”
Marco Maria Lenzi, in carcere da mercoledì con l'accusa di aver spinto la fidanzata dal balcone del quinto piano di un palazzo di via Sciesa, ha respinto ogni addebito dalvati al gip ma sono tante le incongruenze
«Si è sbilanciata mentre fumava una sigaretta appoggiata al balcone, non l’ho buttata giù». Respinge le accuse Marco Maria Lenzi, il 44enne di Napoli ma residente a Gallarate accusato di aver fatto cadere la propria fidanzata dal balcone di un appartamento al quinto piano di un condominio di via Sciesa al culmine di un litigio. L’uomo, in carcere da mercoledì 11 giugno è stato interrogato a lungo dal giudice per le indagini preliminari Alessandro Chionna (foto a sin.) nel carcere di Busto Arsizio dov’è detenuto e dove, probabilmente, rimarrà anche se il giudice si è riservato di decidere nelle prossime ore. Davanti ai suo legali Lamberti e Spazzi, il 44enne ha fornito la versione che aveva già dato al momento del fatto, avvenuto lo scorso 10 aprile, quando gli agenti del commissariato di Gallarate intervennero per ricostruire la vicenda in un contesto apparso subito complicato dalla presenza di tracce di stupefacenti all’interno dell’abitazione.
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DUE VERSIONI OPPOSTE – L’uomo si è dovuto difendere, in particolare, dalla versione fornita dalla 30enne con la quale stava vivendo una storia, a detta di lei, piuttosto tormentata prima di tutto per la gelosia da parte dell’uomo. Secondo quanto da lei ricostruito una volta ripresasi, dopo alcune settimane di coma, sarebbe stata la donna a chiedere spiegazioni al fidanzato per una macchia di rossetto ritrovata su un indumento dell’uomo. Da qui sarebbe partita la lite dapprima verbale e poi finita con calci e pugni fino al terrazzo dove, con una specie di spinta, il Lenzi avrebbe fatto precipitare la ragazza che – sempre secondo il racconto della ragazza – si sarebbe anche aggrappata al balcone prima di cadere, ma senza essere soccorsa dal fidanzato che, quindi, non l’avrebbe aiutata. Questo particolare, infatti, ha fatto propendere la decisione del magistrato Rosaria Stagnaro nel contestare il tentato omicidio in quanto l’uomo non avrebbe fatto quanto possibile per evitare la caduta della ragazza, favorendo la conseguenza più grave anche qual’ora il suo intento non fosse quello di farla cadere dal balcone. A suo carico, inoltre, ci sono numerose intercettazioni telefoniche e ambientali che avvalorerebbero la tesi del tentativo di inquinare il quadro probatorio, a partire dal tentativo di condizionare la testimonianza della vittima.
Il Lenzi sostiene, invece, che non vi fosse nessun litigio in atto e che la fidanzata sarebbe caduta dopo aver perso l’equilibrio mentre era appoggiata sul davanzale. L’uomo, anzi, sostiene di averle salvato la vita una volta sceso in cortile piegandole la testa in modo che non si soffocasse col sangue. Infine il Lenzi sostiene di averla vegliata per due mesi rimanendo costantemente al suo capezzale. Due versioni completamente opposte che ora il giudice dovrà confrontare e riscontrare.
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