Giovani e lavoro, si può fare se il Paese cambia

Un seminario organizzato dal Partito Democratico con economisti, politici e sindacalisti ha affrontato il tema più importante del momento. Alfieri: «I lavoratori di Sea Handling vanno tutelati»

Se si parla di lavoro bisogna alzare lo sguardo e cercare un orizzonte. E anche avere molto coraggio, come quello mostrato dai giovani del Partito Democratico, che in una domenica mattina d’estate hanno organizzato un seminario dedicato appunto ai problemi dell’occupazione e alle politiche industriali del Paese. Giorgio Maran, segretario del Pd di Daverio, ha spiegato che questo coraggio nasce dall’articolo 3 della Costituzione italiana perché solo «vincendo su miseria e ignoranza si può’ acquisire consapevolezza». 
L’apertura del seminario è stata affidata al sindaco Roberto Tognola che ha ricordato quanto
sia importante investire nella cultura. Citazione non solo teorica, visto che l’incontro si teneva proprio
nella Palazzina della cultura voluta dalla sua prima Giunta.
Andrea Mollica, redattore di Gadlerner.it e moderatore della prima sessione, ha citato Matteo Renzi e la speranza di cambiamento come unico orizzonte possibile. E di speranza ce ne vuole tanta, perché i dati mostrati da Paola Bielli (Università Bocconi) sono la prova che in Italia il lavoro non solo non gode di buona salute, continuando a segnare primati negativi in Europa, ma che negli anni ha accentuato alcune anomalie.
Il sistema italiano in tema di lavoro è a dir poco barocco e 46 tipologie diverse di contratti di lavoro non aiutano a migliorarlo, ma secondo Rita Castellani (Università di Perugia), il problema della precarizzazione e della scarsa qualità del lavoro non nascono tanto sul lato dell’offerta di lavoro quanto su quello della domanda. «Questo sistema – ha detto Castellani – non crea posti di lavoro stabili ed esclude alcune categorie di persone. Inoltre, è finito il tempo che la capacità produttiva di una persona ne manteneva tre, perciò bisogna migliorare il sistema del welfare».
Per Cesare Damiano, deputato del Pd, le ragioni dei problemi che affliggono il Paese sono invece da ricercare nel passato. «Con le ideologie – ha detto l’ex ministro – si sono buttati via anche i valori e il precariato è stato il risultato di 30 anni di liberismo sfrenato. Oggi bisogna competere sulla qualità non sul costo del lavoro».
Damiano ha ribadito di sostenete Renzi nella sua battaglia riformistica, ma al tempo stesso «il prendere o lasciare» non gli sta bene. E a proposito di pensioni, il deputato del Pd ha sostenuto che il tetto massimo deve essere di 5.000 euro netti «tutto il resto si taglia» e che lui si è accontentato di poco più di 2.000 euro a mese, rinunciando alla pensione da parlamentare.
Per un sindacalista della Fiom, come Nino Cartosio, impegnato quotidianamente sul territorio in vertenze, ristrutturazioni e chiusure di imprese, le ragioni del declino industriale italiano sono da ricercare nell’incapacità del Paese di innovare, da una parte, e nelle caratteristiche di una classe imprenditoriale vecchia e poco lungimirante, dall’altra. «Ci sono molti luoghi comuni sulla produttività dei lavoratori italiani – ha spiegato  Cartosio – che invece lavorano molto di più di
quelli tedeschi e guadagnano molto meno dei loro colleghi. Il vero problema sono le inefficienze del sistema che penalizzano tutti. In questi anni non si sono fatti gli investimenti nei settori strategici e, in un Paese dove c’è una bassa propensione al rischio imprenditoriale, queste scelte si pagano nel lungo periodo. E poi ci sono gli imprenditori, che hanno arricchito i loro patrimoni personali e impoverito le loro aziende: la sottocapitalizzazione delle imprese italiane è un dato di fatto, non certo ideologico».
Piccolo non sempre è bello. La deputata del Pd Maria Chiara Gadda ha sottolineato come il percorso di aggregazione tra imprese, gli investimenti in settori strategici, una regolamentazione degli appalti trasparente e una formazione di qualità dovrebbero essere le linee guida del sistema.
«Le imprese italiane – ha detto Gadda – dovrebbero poter garantire una continuità della loro attività ispirandosi ad alcuni modelli che in Europa esistono già. Ad esempio, la successione imprenditoriale che nel capitalismo famigliare italiano spesso è un problema, in Germania viene affrontata con la costituzione di fondazioni. Insomma, le imprese sono un bene delll’intera comunità e dei territori, non solo degli imprenditori».
Sul territorio i fronti caldi del lavoro sono tanti, ma uno in particolare preoccupa i politici: la vertenza Sea-Handling che mette a rischio migliaia di posti di lavoro. Una questione che Alessandro Alfieri ritiene emblematica per come vengono affrontati i problemi riguardanti l’occupazione.
«Con il sindaco di Milano Pisapia – ha detto il capogruppo del Pd in consiglio regionale – stiamo cercando una soluzione, ma il messaggio deve essere chiaro: i lavoratori vanno tutelati e noi non accetteremo che gli esuberi richiesti da Etihad ad Alitalia vengano in qualche modo fatti assorbire dal sistema e quelli di Sea Handling vengano invece abbandonati a se stessi».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Luglio 2014
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