Orsi in aula: “Sotto accusa perché volevo il rinnovamento”

"Mai finanziato i partiti". Le dichiarazioni integrali dell'ex ad di Finmeccanica, mentre il processo sulle presunte tangenti indiane è alle battute finali

Un piano confezionato da chi in Finmeccanica voleva che permanesse malaffare e status quo. Così oggi davanti al Tribunale di Busto Arsizio, a conclusione del dibattimento sulla presunta corruzione per l’appalto degli elicotteri all’India, l’ex AD di Finmeccanica Giuseppe Orsi, ha descritto la vicenda che lo ha condotto sul banco degli imputati per corruzione internazionale. Orsi, dopo aver ricordato che i suoi primi provvedimenti furono la chiusura di 27 consulenze esterne, la riduzione drastica delle sponsorizzazioni, il taglio dei membri esterni dei cda, la riduzione del suo stipendio del 30% come "esempio", l’ex AD ha commentato che "tutto questo ha suscitato reazioni. Le avevo messe in conto, ma non potevo immaginare di arrivare fino a qui". Orsi ha quindi puntato il dito su Lorenzo Borgogni, l’ex responsabile relazioni esterne di Finmeccanica coinvolto nell’inchiesta e "grande accusatore" in questo filone di inchiesta, dichiarando che "nella massa delle sue falsità, ha messo insieme cose confezionate da persone che volevano il permanere dello status quo. E’ una pura invenzione di Borgogni il finanziamento al partito politico [la Lega Nord, ndr] per ringraziare per la mia nomina".

Luoghi e personaggi dell’affare Finmeccanica

LA LETTERA INTEGRALE

Ill.mo Presidente, Ill.mi Giudici,

vorrei iniziare questa mia dichiarazione con una osservazione: quella cioè che il processo per me non ha avuto inizio in quest’aula e nemmeno quando sono state avviate le indagini della Procura di Napoli. E’ cominciato ben prima, nel 2011, subito dopo essere stato nominato AD di Finmeccanica. Proprio nella sede di Piazzale Montegrappa a Roma è stata infatti avviata, subito dopo il mio insediamento, una occulta inchiesta interna contro di me non appena è apparso evidente che avrei dato vita ad un profondo rinnovamento che avrebbe reso più trasparente l’assetto e la gestione del Gruppo. Cosi come avevo chiaramente esplicitato in un editoriale sul “magazine” di Finmeccanica. E’ scattata a piazza Montegrappa una vera caccia a episodi e circostanze della mia vita di manager, tanto che la stampa ha parlato di dossieraggio fatto da un ex Generale dei Carabinieri, allora consulente di Guarguaglini. Lo scopo era di distorcere questi episodi al fine di denigrarmi e fermare ciò che avevo iniziato a fare per ridare prestigio, efficienza e trasparenza a Finmeccanica.

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Tra l’altro, proprio a garanzia di questa maggior trasparenza avevo proposto di inserire nell’Organismo di Vigilanza una indiscussa figura proveniente dal mondo delle istituzioni. Intenzione anche questa volutamente travisata da Borgogni per asservirla al suo disegno calunnioso. Ricordo comunque che quando riferii le mie intenzioni di rinnovamento al ministro del tesoro Tremonti, quando mi ricevette dopo la designazione, egli mi disse: “bene, però ci vada piano perché altrimenti le faranno male.” Ed eccomi qui. Non voglio certo passare in rassegna il capitolo, per me e la mia famiglia davvero sconvolgente, delle accuse d’ogni tipo costruite a tavolino per distruggere la mia credibilità e generosamente ospitate dai media. Tutte regolarmente smentite, anche se come si sa il rilievo delle smentite è ben diverso da quello degli annunci. Dalla massa delle falsità fatte circolare come voci, indiscrezioni o soffiate provenienti da inesistenti fonti anonime, Lorenzo Borgogni, responsabile delle relazioni esterne del Gruppo, e quindi anche dei rapporti con i media, ha estratto e pubblicizzato la vicenda del contratto di vendita all’India di 12 elicotteri VVIP da parte di AW, mettendo insieme frammenti confezionati da persone interessate come lui a preservare lo status quo. E non sembrandogli sufficientemente infamante attribuirmi la responsabilità di aver corrotto un alto ufficiale indiano, ha pensato bene di infangare ancor di più la mia persona aggiungendo un episodio che potesse farmi apparire come un manager spregiudicato, propenso ad usare il denaro dell’azienda per soddisfare i propri interessi personali e colpirmi così nel valore che sapeva essere per me il più importante: quello dell’integrità personale.

E’ infatti una pura invenzione di Borgogni e dei suoi amici che vi sia stato un finanziamento cospicuo ad un partito politico, in connessione con il contratto India. Sì è visto bene in questo processo, almeno secondo la mia lettura, come non esista il benché minimo elemento di prova capace di accreditare la calunnia di un contributo illecito versato per ringraziare chi avrebbe patrocinato la mia nomina. Nomina avvenuta in realtà semplicemente perché della triade di nomi interni richiesta e proposta da Guarguaglini al Tesoro, come CEO di AW ero il manager che aveva dato i migliori risultati del Gruppo e quello con il più vasto network internazionale nel settore aerospazio e difesa: network che mi ero costruito a partire dagli anni ‘90, quando ero presidente della controllata americana e consolidatosi nel tempo attraverso le numerose collaborazioni strategiche da me negoziate che hanno caratterizzato lo sviluppo di Agusta. Non sono un uomo di potere avendo sempre concepito il ruolo di capo azienda, grande o piccola, in termini di adempimento di un dovere, né sono particolarmente ambizioso. Avevo pianificato di lasciare gli incarichi operativi entro i 65 anni per dedicarmi ad altre cose, con mia moglie, come ci eravamo promessi 50 anni fa quando ci siamo conosciuti, ambedue impegnati nel sociale. Ho invece accettato l’incarico, mio malgrado, spinto dai tanti, e non solo in Italia, che ritenevano potessi trasformare Finmeccanica secondo il modello AW e cioè: efficienza, competenza, trasparenza e conti in ordine. Ho accettato per spirito di servizio, merce meno rara di quanto si pensi e comunque parte della mia cultura e formazione cristiana, per cui per me e per chi mi conosce è grottesca prima ancora che calunniosa l’ipotesi che io possa aver pagato chicchessia per un incarico! Mi è sembrato giusto richiamare qui questa vicenda solo per mostrare quanto intenso sia stato l’attacco portato contro di me, per aver cercato di rimuovere incrostazioni clientelari e sacche di malaffare che si annidavano all’interno del Gruppo industriale che il Governo mi aveva affidato, da parte di personaggi il cui interesse era quello che tutto rimanesse come prima.

Sulla vicenda della Commessa indiana, Borgogni non ha saputo dire nulla di plausibile al di là di un nome: quello di Guido Haschke. E anche se questo spunto è bastato a far partire le indagini giudiziarie, si capisce bene perché l’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica ha puntato tutto sull’uomo d’affari svizzero. Haschke era noto per essere saldamente ancorato all’ambiente formatosi all’interno del Gruppo durante la governance del mio predecessore. Haschke era l’uomo di fiducia di Zampini, mio antagonista nella candidatura alla guida di Finmeccanica e sodale di Borgogni, ed era abituato a muoversi con disinvoltura nei rapporti con alcuni manager del Gruppo – ma non di AW – distribuendo loro, stando alle stesse sue dichiarazioni, denaro per assicurarsene i favori. Un uomo assolutamente fidato per Borgogni e compagni, dunque, pronto a gestire anche i rapporti con l’autorità giudiziaria secondo le istruzioni ricevute dagli amici, come è emerso anche dalle prove assunte in questo processo che hanno confermato i plurimi colloqui tra Haschke e Zampini nel corso delle indagini. Quando nell’ottobre del 2005 ho incontrato per la prima volta Haschke non sapevo nulla del suo “arruolamento” nella compagine che aveva come terminale ultimo Borgogni. Lo avrei dovuto capire forse dal fatto che Finmeccanica chiedeva con insistenza di dargli lavoro in India e alla fine non potei sottrarmi a quella richiesta perché fu il mio capo diretto, Zappa, direttore generale della controllante di AW, a chiedermelo personalmente. Del resto, anche se questa sollecitazione insistente mi infastidiva perché interferiva nella tradizionale autonomia della mia società, l’uomo d’affari svizzero mi veniva accreditato come un buon conoscitore del mercato indiano ed era certo nostro interesse aprirci più spazi in quel territorio da tutti considerato come il più ricco serbatoio di opportunità di vendita esistente sulla scena mondiale.

Il contratto Gordian ha così preso ad oggetto lo scouting per la promozione degli elicotteri civili, mercato che includeva i governatorati, settore di notevoli prospettive e che soprattutto era di competenza di AW Italia, mentre il mercato militare indiano era riservato ad AW U.K e quindi un eventuale inserimento di Haschke in quel segmento di mercato avrebbe dovuto essere richiesto e avallato dalla AW UK. Ben diverse sono le ragioni che hanno indotto AW a firmare i contratti per la fornitura di servizi di ingegneria. C’era la necessità di soddisfare un urgente fabbisogno dell’azienda, quello di avere su supporto elettronico aggiornato i disegni tecnici di alcune delle nostre macchine. Haschke ha saputo indicare al momento giusto un fornitore di notevole standing come IDS Infotech India ed è stato concluso il contratto. Successivamente è stato firmato il contratto con IDS Tunisia per avere disponibilità di servizi in esclusiva, al fine di convertire tutti i disegni dell’AW139, capostipite della famiglia di elicotteri che si stava sviluppando, senza gravare sulla operatività della direzione tecnica dell’azienda già stracolma di lavoro. I due contratti IDS, così come quello antecedente concluso con Gordian, non richiedevano alcun intervento sulla gara dei 12 elicotteri VVIP. Non era per altro neppure necessario: lo AW101 era l’elicottero che gli indiani volevano, soprattutto dopo che era stato scelto per il presidente USA. Per contro l’esito positivo della gara era considerato come evento che avrebbe consentito di utilizzare il contratto con IDS anche a fronte dell’impegno di offset. Questo è l’unico motivo del riferimento al programma VVIP nell’ambito dei contratti IDS. Neppure il prezzo pagato per i servizi resi da IDS costituisce alcuna remunerazione di una presunta consulenza fornita dall’uomo d’affari svizzero. E non solo perché l’importo pagato per la trasposizione dei disegni è assolutamente congruo. C’è una ulteriore e decisiva ragione: Haschke non ha fatto nulla per meritarsi un compenso quale consulente ai fini della acquisizione della commessa indiana. Come detto prima non era necessario e non c’è un solo atto della sequenza procedurale che ha portato alla decisione della gara in favore di AW dal quale risulti un intervento promozionale, anche lecito, riconducibile all’input o all’azione di Haschke. Ho capito poi dagli atti processuali che Haschke simulava di attivarsi per dimostrare di avere una consolidata autorevolezza in territorio indiano e proporsi così quale consulente di Finmeccanica per altri programmi.

Lo stesso discorso vale per Christian Michel il quale, va detto subito, è in tutto e per tutto un esponente del mondo aziendale inglese: ha sempre lavorato con gli inglesi di AW U.K.; ha eseguito nella vicenda WG30 quanto gli è stato chiesto di fare dai manager apicali della società inglese; ha sottoscritto un post contract service agreement per la negoziazione del FOSA e la rimodulazione del programma di offset, concordandone i contenuti con gli esponenti di AW U.K. Christian Michel si riteneva, e tale veniva considerato storicamente dal sistema inglese, come un Executive della Westland, profondo conoscitore del mercato indiano, retribuito attraverso i contratti servizi di assistenza post vendita. Ritengo comunque opportuno che spieghi le ragioni per le quali ho partecipato all’incontro a Lugano dell’aprile 2011.

La verità è che personalmente sapevo ben poco di quel che stesse succedendo in India, ricevendo soltanto sporadiche informazioni sul programma, ormai ben inserito all’interno dei canali produttivi. Sapevo che Haschke stava continuando ad operare con AW Italia per il contratto di ingegneria, anche se non ne avevo seguito i vari sviluppi contrattuali e societari. Mi era stato riferito intanto dai colleghi inglesi che Michel era particolarmente irritato da alcune iniziative di Haschke che, esulando dal suo campo di attività, cercava di promuovere per l’offset società di sua conoscenza. Michel temeva che così facendo Haschke finisse per ostacolarlo nelle iniziative già da lui intraprese per realizzare appunto il programma offset secondo il mandato ricevuto da AW UK attraverso il contratto PCSA. Da qui il mio tentativo, prima di lasciare AW, di appianare le incomprensioni e ricondurli ragionevolmente ai loro ruoli: ruoli che ovviamente non avevano nulla a che vedere con l’aggiudicazione della gara per i dodici elicotteri VVIP chiusa e definita con la firma del contratto da più di un anno. Credo di esserci riuscito. Ho saputo infatti che i due si sono poi accordati di trovarsi a Dubai per stendere una sorta di trattato di pace. Dalla discussione avvenuta tra loro durante l’incontro di Lugano ho potuto tuttavia presumere che tra i due esistevano, o erano esistiti, rapporti di business – a me ignoti – come poi emerso dagli atti processuali. L’incontro di Lugano non aveva per altro nulla di segreto e l’episodio, per il PM così suggestivo, del mancato utilizzo della carta di credito era semplicemente dovuto al fatto che, quando noi siamo andati via, il pranzo non era ancora finito e non era certo mia abitudine firmare le ricevute della carta di credito in bianco….

Queste sono le poche cose che mi premeva richiamare alla Vostra attenzione, Ill.mo Presidente e Ill.mi Giudici per sottoporvi in via conclusiva una riflessione su un piano diverso da quello giuridico che spetta ai miei difensori. Chi voleva dipingermi come persona scorretta e inadatta a guidare un grande Gruppo a partecipazione pubblica ritengo sia stato smentito da quanto emerso, o non emerso da questo processo, almeno per come io lo ho inteso. Posso dire con orgoglio di aver sempre operato nell’interesse di AW e del gruppo Finmeccanica con l’unico obiettivo di gestire al meglio prima i compiti e poi le società che mi sono state affidate e contribuire così alla affermazione del prodotto tecnologico italiano nel mondo.

Anche la comunità industriale internazionale me ne dà atto, come si è visto in questo dibattimento, riconoscendomi le qualità di manager che porta al successo le sue aziende senza usare le scorciatoie dei favori richiesti e retribuiti. Dal 2005 al 2011, sotto la mia responsabilità, ben supportato da una squadra competente e dedicata a cominciare dall’ing. Spagnolini che poi ha continuato con lo stesso trend, AW è ulteriormente cresciuta fino a diventare l’azienda leader che oggi nel mondo tutti ammirano e di cui l’Italia è orgogliosa. Ed il contratto india è stato una goccia di questo successo Quando nell’Aprile 2005 tenemmo il primo incontro di tutti i dirigenti della nuova AW e lanciammo lo slogan “AW: sinonimo di elicotteri e volo verticale”: ci furono sorrisi e qualcuno fece riferimento ai soliti visionari.

Oggi il nome AgustaWestland è, nel mondo, sinonimo di eccellenti elicotteri e volo verticale. Desidero infine sottolineare che 40 anni di vita e di lavoro nello stesso Gruppo, nella stessa industria e sullo stesso territorio rendono trasparenti i valori, i comportamenti, le convinzioni e l’etica di una persona. So per certo che non c’è una sola persona al mondo che abbia lavorato con me o che mi conosca che possa avere creduto, anche in via puramente ipotetica, alle illazioni di Borgogni e Zampini. Non Ed è questa certezza che mi consente di attendere serenamente il vostro giudizio. Grazie.
Busto Arsizio, 1 luglio 2014
GIUSEPPE ORSI

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Luglio 2014
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