Bancarotta Gisowatt, la Finanza sequestra ville e conti correnti

Nuovi guai per i due imprenditori fratelli Sozzi, in carcere per frode fiscale, corruzione e ricettazione. Ora viene contestata anche la bancarotta fraudolenta per aver distratto oltre 7 milioni dalle casse dell'azienda

Nuovi guai giudiziari per Emanuele e Gianfranco Sozzi, i due fratelli imprenditori di Gorla Minore arrestati a maggio del 2014 per corruzione di pubblici ufficiali, frode fiscale e ricettazione.  Nella giornata di ieri 18 settembre, militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di  Finanza di Varese hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per bancarotta fraudolenta emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio nei loro confronti in relazione al fallimento della “Gisowatt S.r.l.”, azienda operante nel settore  della produzione di apparecchi per la pulizia industriale, con sede in Gorla Minore.

Le indagini, svolte sotto la direzione ed il coordinamento del sostituto procuratore bustocco Pasquale Addesso, hanno permesso di accertare, a seguito della sentenza dichiarativa di
fallimento della società emessa il 7 luglio 2014, distrazioni del patrimonio  societario per oltre 7 milioni di euro, oltre alla dissipazione di 900.000 euro di patrimonio. I militari hanno accertato che i due imprenditori, con la complicità di un  commercialista bustocco (destinatario anch’egli della misura restrittiva dell’obbligo di  presentazione alla polizia giudiziaria), mentre la società versava già in pessime acque, hanno effettuato operazioni immobiliari di scissione del patrimonio aziendale, per un valore di  circa 4,3 milioni di euro, a favore di una nuova società a loro riconducibile; hanno ridotto il capitale sociale, con conseguente distribuzione ai soci delle quote in esubero,  per un valore di circa 1,2 milioni di euro; viene contestato l’utilizzato di fatture per operazioni inesistenti emesse da compiacenti società inglesi, per oltre 1,2 milioni di euro (esportando capitali all’estero in maniera illecita, ndr); hanno prelevato denaro dalle casse aziendali, per un importo di oltre 500.000 euro e disposto pagamenti per prestazioni di servizio e cessioni di beni incoerenti con  l’interesse sociale, per oltre 900.000 euro (ad esempio attraverso sponsorizzazioni a sportivi e società sportive).

L’attività rappresenta la seconda fase di una complessa ed articolata indagine che, già  nel mese di maggio 2014, aveva condotto all’arresto dei due fratelli e di altri due  consulenti per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte,  corruzione e ricettazione. Proprio in relazione a queste precedenti contestazioni, nel mese di agosto, i finanzieri  hanno dato esecuzione ad un Decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni degli indagati, per un valore di oltre 2,5 milioni di euro, costituiti  da immobili (tra cui ville di pregio in Sardegna e nel varesotto) e numerosi conti  correnti.

La vicenda dei due imprenditori è al centro di una vasta rete criminale che li vedeva anche come vittime di estorsione da parte di alcuni esponenti della ‘ndrangheta appartenenti alle famiglie Tripepi-De Marte. Da un lato subivano le estorsioni e dall’altro collaboravano con i loro stessi aguzzini, ricettando per loro gioielli e orologi di pregio, consci dello spessore criminale di personaggi quali Roberto Tripepi e Giorgio Clerici che, a loro volta, erano al vertice di un gruppo criminale guidato da esponenti calabresi vicini alla cosca di Seminara e che già erano finiti in carcere per un grosso giro di estorsioni e truffe nell’area di Cislago e Mozzate. I due imprenditori, infine, avevano anche una rete di informatori tra le forze dell’ordine che li aiutavano ogni qualvolta ne avevano bisogno ottenendo informazioni riservate e favori che ricambiavano con regalie di vario genere. Nella vicenda è finito anche il giudice bustocco Alessandro Chionna che, per aver chiesto e ottenuto diverse sponsorizzazioni sportive per sè e per altre persone a lui vicine, è ora indagato per corruzione dalla Procura della Repubblica di Brescia.

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Pubblicato il 19 Settembre 2014
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