Lago, le analisi del CNR: sotto accusa l’alga Lyngbya

I ricercatori dell’ISE-CNR hanno sottoposto ad analisi alcuni campioni prelevati sul Lago di Varese: “Non solo la balneazione, ma anche attività ricreative, come il canottaggio, sarebbero da evitare”

alghe lago vareseL’abnorme proliferazione di alghe sul Lago di Varese è dovuta ad un cianobatterio appartenente al genere Lyngbya: questo è il risultato di alcune analisi realizzate dagli scienziati del CNR che hanno nei giorni scorsi prelevato alcuni campioni d’acqua dal Lago di Varese.
«Sebbene questo Istituto non abbia, al momento, progetti di ricerca in corso sul Lago di Varese, la dottoressa Martina Austoni che si occupa di analisi microscopica di organismi algali presso questo Istituto, ha comunque prelevato alcuni campioni della fioritura» spiega al telefono, da Pallanza Giuseppe Morabito, ricercatore presso l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
«Dagli esami dei campioni effettuati è emerso che l’organismo responsabile di questa abnorme proliferazione è un cianobatterio appartenente al genere Lyngbya: è un’alga che ben si sviluppa in acque calde leggermente alcaline, con abbondanti nutrienti (azoto e fosforo) e biodisponibilità di ferro. Le fioriture di Lyngbya possono essere di grandi dimensioni, dal colore brunastro-giallastro, viscide al tatto e talvolta emettono un cattivo odore marcescente come di liquami. L’esposizione all’aria e alla luce solare intensa portano alla fotolisi delle sue cellule e quindi alla sua decadenza con la produzione di idrogeno solforato, che odora di uova marce».
Secondo il ricercatore «una fioritura di Lyngbya deve destare preoccupazione, poiché, anche in questo caso, si tratta di un organismo potenzialmente tossico, che sintetizza saxitossina, un metabolita tossico. In ogni caso, quando si è in presenza di colorazione dell’acqua sospette, strie o flocculi, è bene evitare (a titolo precauzionale) contatti diretti e prolungati con l’acqua del lago dove il fenomeno è visivamente accertabile. Non solo la balneazione, ma anche attività ricreative, come il canottaggio, sarebbero da evitare, poiché le tossine possono essere facilmente inalate con l’aerosol che si produce agitando la superficie dell’acqua: in questo senso, ci ha sorpreso sapere di lettori di VareseNews che, tranquillamente, si sono avventurati sul lago per farsi un giro in canoa in mezzo agli ammassi galleggianti di Lyngbya». Ma non è tutto: secondo le analisi realizzate dall’Istituto «particolare attenzione devono prestare anche i proprietari di cani, evitando che il cane beva l’acqua e che si bagni: l’esposizione del cane alle tossine, non si limita solo all’ingestione dell’acqua contaminata, ma è amplificata dall’abitudine di leccarsi il pelo. Un avviso di attenzione da parte delle autorità competenti sarebbe quanto mai opportuno, in casi di estese fioriture, come quella in corso sul Lago di Varese».
lago di varese cazzago«I cianobatteri fanno comunemente parte degli organismi lacustri – afferma il dottor Giuseppe Morabito – , tuttavia la loro eccessiva proliferazione è un segnale di uno squilibrio nell’ecosistema, dovuto, in primo luogo, ad un eccessivo carico di nutrienti. Certamente, condizioni climatiche come quelle di quest’estate possono avere favorito lo sviluppo della fioritura, ma l’azione primaria da compiere, se si vogliono evitare questi problemi, è depurare tutti gli scarichi che arrivano al lago. Totalmente differente il caso delle fioriture occorse, in anni recenti, sul Lago Maggiore e menzionate in un precedente articolo di VareseNews: questi eventi, solitamente occasionali, sono definiti dalla letteratura scientifica “fioriture oligotrofe”, perché interessano laghi poveri di nutrienti. Il fenomeno è noto in diversi laghi profondi dell’areale subalpino, sia a nord che a sud delle Alpi, ma i fattori che ne sono responsabili sono tutt’ora oggetto di indagini».
Ma ci sono altri laghi con caratteristiche simili a quello di Varese, e con analoghi problemi? E cosa si sta facendo per migliorare la situazione?
«Si, vi sono moltissimi casi di laghi con problemi di eutrofizzazione – conclude il ricercatore – . Sono presenti esempi anche in Lombardia, basti pensare ai laghi di Pusiano, Annone, Alserio. Abbiamo avuto occasione di collaborare con ricercatori europei, che studiano laghi con caratteristiche analoghe in Germania, in Belgio, e nell’Europa Centrale. Si tratta di bacini fortemente antropizzati, dove l’unico sistema per salvare le acque risiede nel controllo degli scarichi fognari. Esistono misure, come l’ossigenazione delle acque, che possono dare risultati. Ma si tratta di cure palliative, e molto costose, che non hanno effetti se non si interviene massicciamente sui controlli di ciò che finisce nel lago».

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Pubblicato il 11 Settembre 2014
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