Lanfranconi, Mussolini e la controstoria di Giampaolo Pansa

Nel libro "Eia eia alalà" viene citato più volte un giovane squadrista, un tipo anomalo che flagellava i suoi camerati con battute taglienti e ironia e che non risparmiò nemmeno il Duce

Nel suo lungo viaggio di revisione della storia della Resistenza Giampaolo Pansa ha proposto di recente come controstoria alcuni suoi libri.
In realtà la controstoria Pansa l’ha iniziata da tempo, già con “Il sangue dei vinti “ suscitando interesse generale e pure forti reazioni negative in ambienti che in un grande arco di tempo avrebbero dovuto accumulare tanta serenità: la lotta di Liberazione è già storia consacrata, fu il primo passo degli italiani verso la conquista della democrazia.
Pansa non sempre ha potuto unire alla sua proverbiale efficacia narrativa rivelazioni importanti: ci capitò di rilevarlo quando uscì “ La guerra sporca”, ma si può dire che abbia ben recuperato con “Bella ciao” e soprattutto con il recente “Eia eia alalà” nel quale si può in particolare misurare la portata reale dell’ antifascismo di Pansa, mai messo in dubbio da chi conosce l’avventura professionale del grande giornalista, davvero tutta e sempre nel solco della cultura democratica.
“Eia eia alalà” è un’opera da enfant du pays, di chi conosce bene un luogo circoscritto geograficamente e, se non tutto, inoltre certamente molto sa di chi ci ha vissuto.
Scrivi del tuo villaggio e scriverai del mondo e Pansa lo fa in modo credibile, documentato, presentando il fascismo violento, padrone e oppressore, senza mai lasciare i confini
del Monferrato e della Lomellina, dove dopo la prima Grande Guerra il seme della rivoluzione bolscevica si sviluppò in misura tale da portare una pigra e smarrita borghesia nelle braccia di uno squadrismo fortemente reazionario.
La storia di uno squadrismo fanatico, quella di un proprietario terriero che dopo averlo sostenuto lo abbandona e, anni dopo, la angosciante, inumana caccia agli ebrei sono state realtà utili a una narrazione che. proprio grazie alla semplicità e a toni lontani da retorica e propaganda reducistiche,ha il pregio incommensurabile di ricordare ,senza se e senza ma, la tragedia e le responsabilità del regime mussoliniano. Responsabilità sulle quali ancora oggi è bene riflettere.

La lettura di “ Eia eia alalà” riserva però un sorriso a chi tempo fa su Varesenews si divertì a leggere una vecchia e allegra storia non dimenticata negli ambienti giudiziari lombardi. Protagonista ne fu l’avvocato Gigi Lanfranconi: nato a Como nel 1882, morto a Gallarate nel 1938, egli, largamente ricambiato, odiava il pretore di Erba e avendo appreso che davanti a questo pretore sarebbe apparso Tizio imputato di ingiurie per aver detto a Caio “ Va a dà via el c..” Lanfranconi offrì gratis il patrocinio e addirittura la rifusione dei danni, pur di poter “vaffare” ripetutamente e con fare innocente il magistrato durante l’arringa. Gli costò molti soldi l’intera maliziosa, anzi perfida operazione, ma non capita mai di sbeffeggiare un magistrato stando al tavolo degli avvocati durante l’udienza, e a lungo, come fece Lanfranconi.
Nel libro di Pansa più volte è citato un Luigi Lanfranconi: lo è come fascista della prima ora, squadrista nel Monferrato e in Lomellina, amico di Mussolini, eletto deputato nel 1921, linguaccia e incubo del partito perché non perdeva occasione per flagellare i camerati. È un identikit che
lo accosta al giovane rivoluzionario fascista di Pansa. Un tipo anomalo, uno squadrista che sembra ricorresse alla lingua e alla goliardia piuttosto che al manganello. L’ipotesi viene dalla conferma di un episodio che lo vide spericolato protagonista. Mussolini, informato dei raid verbali dello stravagante Lanfranconi – alcuni lo riguardavano personalmente – convocò a rapporto a Roma lo spirito allegro, gli fece una ramanzina con i fiocchi concludendola così: «Ricordati che oggi sono uno degli uomini più importanti d’Europa!».
Replica immediata di Lanfranconi: «Questa però non l’ho messa in giro io».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Ottobre 2014
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