Lo splendore di Venezia agli occhi di Marco Polo
Domenica 2 novembre la Pallacanestro Varese gioca a Mestre: l'occasione migliore per affiancare alla partita una gita nella Serenissima. La descriviamo come l'avrebbe vista il mitico viaggiatore
Domenica 2 novembre, la Openjobmetis Varese di coach Pozzecco giocherà al "Taliercio" di Mestre contro l’Umana di Charlie Recalcati. Quale miglior occasione per seguire i biancorossi in trasferta e, nelle ore precedenti – o successive – alla partita ritagliarsi uno spazio per visitare la splendida Venezia? Il nostro sponsor "Sensazione Viaggi" di Varese, partner delle dirette live per le partite della formazione biancorossa, ci presenta la Serenissima in un modo originale. Con le parole cioé del suo figlio più celebre, Marco Polo, di ritorno dai suoi viaggi dall’Oriente.
Freddo. Fa molto freddo. La nebbia copre ogni cosa davanti ai miei occhi. Un informe ammasso buio, vuoto e privo di qualsiasi luce. Eppure.. forse no… intravedo qualcosa… una linea lunga e sottile. Un raggio di sole é riuscito a penetrare fin quaggiù? La foschia si sta diradando; adesso è solo un velo di seta grigia che accarezza le mie mani. Lo sciabordio dell’acqua sulle pareti di questa barca mi rende inquieto. Dove sono? Ho viaggiato a lungo durante la mia esistenza e ho avuto il privilegio di vedere con i miei occhi le immense montagne del Tibet, la Persia e persino il Catai (Cina). Eppure di questo luogo che tanto mi pare familiare, non riesco a ricordarne il nome.
Ora è giorno e quella linea di costa è chiara e nitida: due ali di un cancello sul mare e la mia barca, silenziosa, lo attraversa. Ed ecco un’isola di fronte a me e subito al suo fianco un’altra, e un’altra ancora. Vedo barche, centinaia di barche strane ed insolite: alcune sono veloci, molto veloci. Sfrecciano lungo le strade create dal mare di questa bizzarra laguna. Altre invece sono basse e nere, con un solo uomo a governarle attraverso un lungo remo. Cantano, i marinai. Cantano per le coppie di innamorati che accompagnano. Cantano d’amore, del mare e di questa città che, come un fiore di loto, sboccia dalle acque calme facendo traboccare l’orizzonte della sua bellezza.
Un’alta torre, un campanile vermiglio che taglia l’azzurro del cielo con il suo tetto aguzzo si innalza dalla piazza. Oriente ed occidente si fondono nelle facciate dei palazzi: oro, bianco, grigio e l’armonia di queste architetture stordiscono dolcemente i miei sensi. Sotto ad un porticato sento un cicalare di voci che parlano lingue diverse, ed un profumo tostato, intenso mi avvolge; uomini e donne portano alle labbra una bevanda nera come la notte, fumante, racchiusa in una minuscola coppa bianca. Bizzarra questa bottega, come il suo nome: Caffè Florian, ma non è l’unico luogo curioso di cui i miei occhi si stanno innamorando. Stretti viottoli si intersecano in un labirinto sorprendente fatto di case, botteghe colorate e sentieri fatti d’acqua.
E poi ci sono i ponti, un infinito numero di ponti che collegano tutte queste isolette vestite di palazzi riccamente agghindati. Il ponte sopra il canale più grande di tutta la città è ammantato di archi bianchi. Aperto, maestoso, ricolmo di persone che camminano lungo il suo percorso. Diverso, invece, è quel ponte sospeso tra due palazzi, il cui passaggio è chiuso tra due pareti candide; triste è la sua bellezza, perché incatenati a lui sono i sospiri di quelle anime che hanno visto per l’ultima volta il sole tra le sue minuscole finestre. Il giorno volge al termine e questa laguna sta sprofondando nuovamente in un velo sottile ma spietatamente impenetrabile. La mia barca, come un cane fedele, recupera il mio corpo, immergendosi nelle acque scure della notte. Addio Città misteriosa eppur amica. Un tempo le tue strade create con l’acqua e i riflessi del sole non mi erano sconosciute e i miei piedi camminarono, ne sono certo, sui tuoi fragili cammini di terra. Ora però il mio viaggio mi porta di nuovo lontano da te e non per visitare il magnifico Oriente che tanta fama e gloria mi diede quando ero in vita. Un informe ammasso buio, vuoto e privo di qualsiasi luce. La nebbia copre ogni cosa davanti ai miei occhi. Fa Freddo. Freddo.
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