Il giudice indagato potrà continuare a lavorare

Il giudice per le indagini preliminari di Brescia respinge la richiesta di sospensione avanzata dalla procura nei confronti di Alessandro Chionna, indagato per induzione indebita a dare o promettere utilità. I difensori: "Non ci sono prove"

Non sussiste alcun requisito indiziario per emettere una misura di interdizione nei confronti del giudice del tribunale di Busto Arsizio Alessandro Chionna, indagato dall’inizio di quest’estate dalla Procura di Brescia per "induzione indebita a dare o promettere utilità" in relazione ad alcune sponsorizzazioni ottenute dai fratelli Sozzi (i due imprenditori Emanuele e Gianfranco titolari della Gisowatt di Gorla Minore arrestati a maggio di quest’anno per corruzione, ricettazione e altri reati, ndr) per la sua attività sportiva nell’ambito delle corse automobilistiche oltre che per una società di pallavolo e una canoista. La decisione del giudice per le indagini preliminari di Brescia è arrivata proprio ieri dopo che il sostituto procuratore Fabio Salamone aveva avanzato la richiesta di sospensione del giudice qualche settimana fa.

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In una nota inviata ai giornali dai difensori di Alessandro Chionna (Patrich Rabaini e Davide Steccanella) si legge che «all’esito dell’interrogatorio del Dr. Chionna, e della compiuta disamina degli atti di indagine presentati dal PM a sostegno della richiesta, con tanto di successiva “nota integrativa”, il GIP di Brescia, con argomentata Ordinanza in data 25 novembre, ha respinto la richiesta “per difetto del requisito indiziario” valutando“insussistente la prova del reato ascritto (…)”, specificando testualmente che manca qualsivoglia elemento da cui anche solo dedurre che: “egli sia mai in effetti intervenuto presso altri magistrati (o polizia giudiziaria, autorità amministrative o chicchessia) per influenzare il corso dei procedimenti penali o amministrativi che direttamente o indirettamente interessano i due imprenditori. Nell’interesse del giudice, si ritiene opportuno rendere nota tale decisione».

Alla fine dello scorso mese di luglio, Chionna apprendeva dai mezzi di informazione di essere sottoposto ad indagine per il reato di corruzione nell’ambito, sempre secondo quanto riportato dai media, di una inchiesta condotta dal Sost. Procuratore della Repubblica di Busto Arsizio Pasquale Addesso, a carico dei fratelli Sozzi, titolari della società Gisowatt.
«Dopo aver appreso dell’indagine – scrivono ancora i due difensori – il giudice Chionna, nel pieno rispetto dell’Autorità Giudiziaria procedente, comunicava la propria immediata disponibilità per l’accertamento dei fatti alla Procura della Repubblica di Brescia competente e quindi, stante l’assenza di alcuna comunicazione ufficiale da parte dell’Autorità Giudiziaria procedente, lo scorso 9 ottobre aveva richiesto formalmente al Presidente del Tribunale di Busto Arsizio Edoardo D’Avossa il trasferimento alla sezione civile per “ragioni di opportunità per il buon funzionamento dell’ufficio” pur “non essendo venuta assolutamente meno la mia necessaria serenità nello svolgimento delle mie funzioni di Giudice per le Indagini Preliminari”».

Alla fine del mese di ottobre 2014 veniva notificato al giudice Chionna il decreto di fissazione di interrogatorio disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia a seguito di una richiesta di applicazione di misura cautelare interdittiva avanzata nei suoi confronti dal Procuratore della Repubblica Aggiunto Fabio Salamone per il diverso reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (ex art. 319 quater c.p.) una notizia che – proseguono i difensori – ancora una volta era stata ampiamente diffusa dagli organi di stampa prima che il diretto interessato ne avesse conoscenza». All’esito dell’interrogatorio e della compiuta disamina degli atti di indagine presentati dal PM a sostegno della richiesta, con tanto di successiva “nota integrativa”, il GIP di Brescia ha espinto la richiesta interdittiva. Nel frattempo l’indagine nei confronti di Chionna prosegue senza l’applicazione di misure cautelari. Ora dovrà essere il magistrato bresciano a raccogliere ulteriori elementi a supporto della sua tesi e richiedere il rinvio a giudizio o chiedere l’archiviazione del procedimento nei confronti del collega bustocco.

Gli avvocati concludono la loro nota in maniera polemica nei confronti del metodo d’indagine: «La presa visione degli atti di una indagine condotta in modo particolarmente “invasivo”, e che ha letteralmente “scandagliato” l’intera vita privata del Dr. Chionna, nonchè di alcune ravvisate “anomalie” nella necessaria astensione da ogni attività investigativa da parte di rappresentanti della Procura del medesimo distretto giudiziario dell’indagato, inducono gli scriventi difensori ad augurarsi che per il futuro la vicenda processuale che riguarda il loro assistito rimanga nei giusti binari del codice di rito».

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Pubblicato il 29 Novembre 2014
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