Quinta tappa via Francigena, da Pietrasanta a Lucca

Tappa bella dal punto di vista naturalistico ma con una brutta sorpresa nel finale

via francigena

Se invece dei 33,2 i chilometri da fare diventano 36,5, oltre che faticosa la cosa si fa pesante.
Oggi da Pietrasanta a Lucca è andata così. Tappa molto bella ma con un finale da thriller.

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All’imbocco della pista ciclabile che costeggia il Serchio ero convinto mancassero meno di due chilometri. In realtà erano oltre cinque alla metà e ho dovuto far leva su tutte le mie energie residue per arrivare alla Misericordia in pieno centro a Lucca.

Per la prima volta non ho avuto la prontezza nemmeno di fare una foto alla volontaria che mi ha registrato e accolto. In più mi restavano anche cinque rampe di scale e capirete che le foto erano davvero l’ultima cosa a cui pensare.

In ogni caso anche la tappa di oggi è stata molto bella. Sveglia alle 6 e partenza mezz’ora dopo con la città che iniziava a far sentire i primi rumori. Stanotte c’è stato un forte temporale e l’aria era fresca. Nella casa diocesana abbiamo dormito in quattro, io, Richard l’olandese, lo svizzero Patrick e la ritrovata Ulrike. Con lei ci siamo salutati perché oggi percorreva una tappa più corta della mia.

Ieri sera abbiamo passato una bella serata raccontandoci di noi e delle ragioni del cammino. “Io sono pastore protestante – mi ha raccontato Ulrike – e il lavoro, i miei figli mi fanno vivere sempre di corsa e piena di stress. Sono stanca di questi ritmi e mi sono presa un periodo di pausa. Sono in cammino perché ho bisogno di lentezza, di contemplazione, di ritrovare Dio anche nelle cose semplici di ogni giorno. Così mi fermo ad osservare tutto: le piante, i fiori, le farfalle, quello che la natura ci offre. Io amo l’Italia anche se alcune cose ancora oggi non le capisco. Avete la via Francigena che è bellissima, ma vengono pochi pellegrini dal vostro paese e ci sono pochi servizi (Ulrike sta cercando dei bastoni per camminare e si fatica a trovarne nei piccoli centri dove siamo passati finora). Roma mi affascina e voglio arrivarci”.

Patrick invece è un vero solitario, al limite dello scontroso, come a volte diventano le persone completamente centrate sui propri obiettivi. Lui è partito da Basilea e dopo essere passato da Assisi ha percorso il sentiero di san Francesco fino a Roma e da lì sta risalendo la via Francigena al contrario e dal Gran San Bernardino, dopo aver attraversato la Francia percorrerà il cammino di Santiago per poi tornare a casa a piedi. Ha uno zaino di venti chili e a parte il dormire viaggia in autonomia cucinando da solo. Ci sono giorni che percorre anche 50 km e alla fine del suo lungo cammino avrà fatto circa 12mila chilometri.

Lasciamo anche lui e con Richard facciamo un lungo tratto insieme fino alla prima sosta a Camaiore. Da lì siamo ripartiti insieme ma lui mi ha staccato subito e ci siamo così ritrovati a Valpromaro dove ero passato per curiosare su come fosse l’ostello. L’ho ritrovato sorridente seduto di fronte a una buona zuppa di farro. E cosi mi sono fermato anche io.

Mauro e Rosanna arrivano da Pavia e Molfetta per quindici giorni sono i gestori dell’ostello di Valpromaro, un borgo con cento abitanti diviso in due, metà comune di Camaiore e metà di Massarosa. La struttura dell’ostello è di proprietà della parrocchia e viene gestita da Hosvol, una associazione spagnola di ospitalieri volontari di Logrono.

Quando stavamo per uscire è arrivato Benito, un signore di 81 anni pieno di energia e positività, malgrado un nome imbarazzante che all’epoca, per ovvie ragioni, si era soliti dare ai figli maschi. Benito è stato uno dei primi ospitaleri quando ancora la struttura era gestita direttamente dalla parrocchia.

Nella giornata di oggi ho riflettuto molto su una frase che ripeto spesso scherzando, ma che sotto sotto pensavo: “ma uno che ci passa a fare da questi posti?
Una domanda stupida.

Questi piccoli borghi mi ricordano l’esperienza di don Lorenzo Milani che venne mandato “in esilio” a Barbiana dove c’erano solo quattro case di campagna e all’epoca niente strada ed energia elettrica. L’allora vescovo lo allontanò da Calenzano perché preoccupato dei suoi eretici comportamenti. Solo perché diceva che i poveri devono riscattarsi attraverso la conoscenza e la scuola. Allora questo bastava a far sentire puzza di comunismo e perciò fu spedito sui monti del Mugello. Beh da Barbiana passò il mondo e lui è restato per decenni una spina nel fianco della chiesa conservatrice e reazionaria.

Don Milani è ancora vivo oggi dopo cinquant’anni dalla sua morte. Dico questo perché non c’entra nulla quanto sia grande un luogo perché passi amore e senso della vita. In cammino molto di questo appare con tanti diversi segni compreso quello dell’importanza che ha ogni luogo.

Da un punto di vista naturalistico la tappa è davvero bella e offre tanti scorci interessanti. Inutile dire poi la bellezza della città finale. Lucca è un incanto anche se questa non è l’occasione migliore per visitarla.

La sesta tappa è tra le più corte e mi porterà ad Altopascio. Li protagonisti sono i dipendenti della biblioteca con alcune belle storie da raccontare.
A domani

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Pubblicato il 24 Giugno 2015
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