«Nessuno può allungare la vita a nessuno, ma si può provare a viverla meglio»
Doveva essere un seminario, è stato un commovente trasferimento di esperienze il primo seminario di estetica oncologica organizzato da Cna
Doveva essere un seminario introduttivo di un corso, è stato un commovente trasferimento di esperienze il primo seminario di estetica oncologica, quella branca dell’estetica che si prende cura dei pazienti oncologici e comprende tutti i trattamenti specialistici di bellezza e benessere pensati per chi è terapia antitumorale, organizzato da Cna Varese.
È partito dall’esperienza di Perla Segrada, estetista di Cantello che “cura l’anima” alle pazienti oncologiche, ed è continuato con l’esperienza di Carolina Ambra Redaelli, dermatologa e presidente di Apeo, associazione la cui principale attività è favorire l’acquisizione, da parte di Estetiste qualificate, delle competenze necessarie ad effettuare trattamenti di benessere e di bellezza su persone malate di tumore a ogni stadio della patologia e in sinergia con i protocolli medici. Un intervento che ha spiegato innanzitutto i contenuti di un corso che ha un importanza sociale altissima: «I medici hanno bisogno di una estetista per permettere ai loro pazienti di sentirsi meglio – ha precisato – E’ stato da questo punto di partenza che abbiamo chiesto allo Ieo, lIstituto Europeo di Oncologia di Umberto Veronesi, di poter lavorare nella loro struttura, e ora abbiamo un punto benessere e la facoltà per le nostre estetiste di poter operare in reparto. Da questa esperienza è nata la necessità di un corso e di una qualifica». Perchè: «Chi esce da un reparto di oncologia è un po’ un marziano: nemmeno i medici sanno bene cosa può fare. Ma tornare il più possibile a una vita normale è un elemento fondamentale».
E non c’è niente di più normale che fare trattamenti estetici o massaggi. E non ci sono desideri più normali che andare a ballare o mettersi un determinato paio di scarpe. Desideri che chi è stata operata pensa invece di non poter più avere, o si autocensura per imbarazzo: quando con l’operazione si tolgono i linfonodi, per esempio, spesso le estremità si ingrossano e si finisce, per esempio, per vivere in ciabatte. «E’ stata una delle mie soddisfazioni più grandi – ha raccontato una giovane testimone che ha già ricevuto la qualifica di estetista oncologica – una signora che si è presentata in ciabatte e dopo due sedute di massaggio linfodrenante ha deciso di mettere le scarpe e andare a ballare».
Oppure, non ci si fa toccare più per paura di scoprire la propria testa nuda, senza i capelli dopo una chemioterapia. «Mi è capitato con una signora che voleva farsi fare un massaggio, ma non voleva farsi toccare il collo – ha raccontato Perla Segrada, che è stata anche motore e promotrice del seminario – Non ho capito perchè finchè non le si è lievemente spostata la parrucca: le ho detto che, se per lei non era un problema, l’avrei tolta e avrei continuato con più calma. Mi ha chiesto: «Ma non le faccio impressione?” E quando ha capito che no, non le facevo impressione, mi ha fatto fare un sacco di cose: le unghie, il trucco… alla fine mi ha detto “Non dovevo andare da nessuna parte, stasera: ma ho deciso che telefono ai miei e organizziamo una cena, perchè ho voglia di farmi vedere così”».
Rivivere, per ricominciare dopo un grande spavento o per godersi il tempo che resta: non importa qual è l’obiettivo, la presenza di una estetista – che non è un medico, non è un’infermiera, ma una persona che ti riporta alla vita normale, e ti aiuta a continuare a viverla – è fondamentale anche nel percorso di cura: «I medici oncologici sempre più capiscono che la battaglia del paziente dev’essere totale, per questo lavorano ora per garantire terapie antitumorali ma anche di supporto» ha sottolineato Linda Bascialla, medico del reparto di oncologia dell’ospedale di Circolo di Varese.
Per riprendere la vita in mano, o per non lasciarsela sfuggire prima del tempo: «Nessuno può allungare la vita a nessuno, ma si può provare a viverla meglio» ha spiegato la presidente Redaelli. Che ha riportato, con il dolore dell’amica ma la serenità di chi ha provato a fare di tutto, la sua esperienza. «Ho una grande amica, praticamente una sorella, che è ormai alle ultime battute della sua battaglia. E’ in un hospice da tempo, forse è al suo ultimo peggioramento. Il mio aiuto, negli ultimi tempi, è stato massaggiarla e metterle la crema. Un modo per evitarle le piaghe del decubito, i fastidi della pelle secca, piccole cose collaterali ma che fanno bene, fanno tirare avanti. L’ho vista ieri: fatica a parlare, non capisce più tanto bene chi entra nella sua stanza. Ma quando mi ha riconosciuto, mi ha fatto segno di metterle la crema. A questo serve questo tipo di cura, fino all’ultimo».
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