Oblio, quell’indimenticabile traccia di noi stessi

Se leggi e regole cercano di tracciare una disciplina fra privacy e diritto a dimenticare, la realtà è diversa. Un incontro per orientarsi fra informazione e deontologia

Varie

Come orientarsi nel terreno dei ricordi legati alla cronaca che potenzialmente possono riguardare ciascuno di noi? Deve, nell’informazione, prevalere il diritto di cronaca riferita al passato o quello di ciascuno a dimenticare, a “rifarsi una vita?”. E chi ha scontato una pena?

Mai come in questo ultimo anno i temi di privacy e oblio sono stati al centro di dibattiti e riflessioni.
L’incontro sui temi deontologici introdotto nel corso di Glocal15 è stato coordinato da Antonio Rossano, Giornalista esperto di comunicazione, il quale ha offerto un’ampia disamina generale del problema.

A febbraio infatti entra in vigore la disciplina europea che sancisce cal presenza del diritto all’oblio legato alla notizia che li riguarda su internet.
La Corte di giustizia europea ha stabilito che in alcuni casi è possibile richiedere la rimozione dai motori di ricerca di questi dati. La sentenza doveva essere applicata dai motori di ricerca. Google ha costituito un comitato di garanti e a febbraio di quest’anno hanno realizzato un report che non ha posizioni univoche

Sono tuttavia emerse delle discrepanze: il comitato ha stabilito che la deincizzazione deve essere garantita a livello europeo, altre posizioni si sono espresse per estendere a livello mondiale questa applicazione. A giugno 2015 l’autorità garante francese ha stabilito di deindicizzare anche in siti extra europei: i motore ha risposto che una norma europea verrà applicata solo in Europa. Il 2 giugno di quest’anno entra in vigore la normativa sui cookies.
In Russia è stata applicata una legge al diritto all’oblio che però può essere chiesto anche per personaggi pubblici, fattore vietato dalla normativa comunitaria. Il 6 ottobre la Corte di giustizia europea ha dichiarato non valido il rapporto Ue-Usa che dava possibilità di portare i dati dei cittadini europei nei server americani.

Il 24 settembre approvata legge che riguarda il controllo a distanza dei lavoratori ed è quintino dei fattori importanti della vita di ciascuno di noi. Come orientarsi con questa disciplina che cambi in continuazione?

La prima risposta tecnica e puntuale sul tema è stata offerta da Giovanna Bianchi Clerici, componente del Garante Privacy: «Il cittadino che si ritrova tramite un ricerca che parte dal suo nome si rivolge d un modulo telematico di google . Siamo intorno alle 300 mila richieste dal maggio 2014 ad oggi. Da parte italiana sono 25 mila. Il dubbio è se il soggetto privato debba arrogarsi il diritto di deindicizzare. I criteri di questa valutazione sono due: il lasso di tempo dal fatto, e l’incidenza nella vita pubblica della persona interessata. Se il cittadino non ottiene soddisfazione può rivolgersi all’autorità garante o all’autorità giudiziaria. Tutto si gioca sull’impatto che quella ricerca svolge sulla vita della persona. La sentenza degli organi europei sostiene che il diritto della persona deve prevalere sull’interesse economico della ricerca e anche sull’interesse del pubblico ad accedere ai dati personali della persona. Il criterio generale è quello della proporzionalità. Da sottolineare che rimozione non significa cancellazione, ma esclusione di una notizia dal motore di ricerca».

Tutto bene, allora? Non proprio. Secondo Fulvio Sarzana di S.Ippolito, avvocato esperto di diritto della rete, «il diritto all’oblio non esiste sul web, soprattutto per quanto riguarda la tecnologia. Mario Costeja Gonzalez, attore della causa da cui è nata la nuova disciplina europea, si è ritrovato su tutti i giornali: il web ricorda tutto c’è una pagina su google che si chiama chilling effects e tutti i malfattori della storia li trovate lì. Tutte le informazioni che vengono pubblicate sul web si trovano e rimangono. E’ l’effetto Streisand (che prede il nome dalla famosa attrice Barbra Streisand): tutti i tentativi di chiedere la rimozione di una notizia produce esattamente l’effetto opposto».

Da dove arriva, allora, il pericolo per la privacy? «Da noi – spiega l’avvocato – . Siamo noi a regalare alla rete le informazioni che noi stessi mettiamo in rete. Spesso i più giovani, oggi, quasi inconsapevolmente, si espongono a rischi altissimi legati alla privacy, e al relativo diritto dell’oblìo». Per non parlare poi di chi chiede una rettifica, o una modifica di un vecchio articolo, che fa “galleggiare” nuovamente la vecchia notizia.

Mario Consani, dell’Ordine dei giornalisti Lombardia, interviene come cronista: «L’oblio è un argomento che mette sempre sull’allarme i colleghi – spiega – È un problema che esiste e non sono pochi i casi che ci vengono sottoposti da persone richiamate in ballo da truce della loro vita precedente. Se è vero che da cronista è più difficile raccontare il presente se non si rintraccia il pasto, è vero che il diritto di ciascuno di noi a dimenticare il passato, va ottemperato. Certo, i giornalisti sono piuttosto restii a seguire carte o paletti. Il diritto all’oblìo è stato introdotto dalla Carta di Milano che in primo luogo riguarda la cronaca nera e la detenzione, nella quale viene fatto riferimento nella carta deontologica. E’ importante la valutazione di volta in volta e sapere che questo diritto esiste».

In merito alla prossima elaborazione di un codice deontologico specifico sul tema dell’oblio, però, ci sarà ancora da lavorare in quanto la nuova “carta” non ha passato l’esame dell’Ordine anche se, come è stato detto in sala dal consigliere nazionale dell’Ordine Vincenzo Sansonetti, a dicembre se ne riparlerà.

Vi è stato tempo anche di toccare la Carta di Treviso, l’insieme delle regole da seguire per garantire una corretta informazione legata ai minori. Su questo Mario Consani ha parlato della genesi di questa carta, nata da una riflessione fra giornalisti. Una bambina molto piccola finì in prima pagina con nome e cognome per una storia di violenze domestiche, poi tra l’altro smentite: è grazie a questi casi, spesso dolorosi, che la riflessione degli stessi giornalisti ha permesso di codificare i comportamenti da tenere.

Ecco, riflettere: per tutti i casi legati all’attività di chi scrive, sembra essere questo il verbo più importante da seguire, specialmente con chi, adulto o bambino, libero o dietro le sbarre, si viene a trovare in una condizione di debolezza.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Novembre 2015
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