Stampa 3D in architettura: così nasce il “Brunelleschi digitale”
I vantaggi del tridimensionale per architetti spiegati, venerdì pomeriggio, al Faberlab di Tradate. Dove è ora disponibile una nuova stampante professionale per progettisti e designer

Marco Muscogiuri, architetto e docente al Politecnico di Milano, è “un artigiano honoris causa perché ha saputo calarsi completamente nella nostra realtà imprenditoriale e riesce sempre ad incoraggiare le nostre imprese”. Davide Galli, presidente di Confartigianato Varese, ha presentato così venerdì 6, al Faberlab di Tradate, il relatore dell’incontro sulle stampanti 3D in architettura.
Una “laurea” che Muscogiuri si è guadagnato sul campo ogni volta che si è trovato a parlare di modelli, strutture, studi, progetti di fronte agli imprenditori o, come accaduto venerdì, di fronte ad una platea composta per il 90% da architetti, ingegneri e geometri, per il 7% da designer e per il 3% da professori e presidi delle scuole della provincia di Varese. Occasione importante per gli 80 presenti, coinvolti in un percorso storico che dai modelli tradizionali li ha portati alla discussione sulla stampa tridimensionale in architettura. Accanto alle stampanti 3D a filo, ora l’officina digitale di Confartigianato Varese ha introdotto la ProJet 660 PRO che stampa a polvere di gesso e in quadricromia: “Un investimento importante – ha concluso il presidente Galli- nel quale crediamo fortemente perché permette a Confartigianato e a tutti coloro che frequentano Faberlab di fare un salto di qualità”. Partendo proprio dalla realizzazione dei modelli (quelli che ancora oggi si chiamano “plastici”) che, secondo un rapido sondaggio tra i professionisti presenti venerdì, nessuno usa più seguendo la tradizione. Insomma, la stampa tridimensionale si è imposta anche in architettura. E chi è interessato a sperimentare la nuova stampante al Faberlab, basta che scriva a info@faberlab.org.
Quali sono le finalità del modello per il progettista? “Studio, verifica, presentazione: modelli che non sono così diversi da quelli che si realizzavano 700 anni fa – ha detto Muscogiuri. Laser cut e macchine a controllo numerico fanno meglio quello che si potrebbe fare a mano, ma cosa succede quando passiamo alla stampa 3D? Cambia tutto: dal processo di realizzazione del modello all’elaborazione del progetto all’eliminazione della figura del plasticista. Ora, passando direttamente da un file tridimensionale alla stampa, non c’é più intermediazione, il progettista ha il controllo assoluto del processo (studio e realizzazione), c’è un modello reale da vedere e toccare. Con costi e tempi di realizzazione nettamente inferiori rispetto a quelli che si avrebbero con gli strumenti tradizionali”. A cambiare è il paradigma cognitivo che sottende al progetto: modello virtualmente nel computer, schizzo in 3D, definisco il file e vado in stampa. Fra qualche anno le stampanti in PLA, quelle più agili, si diffonderanno anche negli studi più piccoli e lo stesso laboratorio plastici non esisterà più perché la stampante 3D sarà sempre più strumento integrante del processo progettuale. E’ per questo che “il team di progetto si riappropria di un controllo completo su tutto il processo: dall’ideazione alla prototipazione alla realizzazione del componente edilizio. “Dominare consapevolmente queste tecniche di rappresentazione e modellazione sarà fondamentale per poter ritornare ad essere noi stessi esecutori: artigiani come lo era Brunelleschi, ma con il vantaggio della digitalizzazione”, chiude Muscogiuri.
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