14mila nuovi posti? “Prima dignità per chi lavora già in aeroporto”
Il sindacato di base AdL commenta i numeri dello studio sul MasterPlan e rilancia le richieste di maggiore tutela per i lavoratori

«Il territorio ha bisogno di lavoro, ma di lavoro buono». Il sindacato di base ADL torna a chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro a Malpensa, nelle file di Sea ma anche nelle file delle tante imprese totalmente private che operano nei servizi, nel cargo, nei subappalti.
Il punto di partenza sono «le dichiarazioni del presidente Modiano» sui benefici del MasterPlan, che «porterebbe ad un aumento occupazionale con ricadute positive sul territorio»: il nuovo calcolo realizzato con gli studi dell’Università Liuc parlano di 14.000 nuovi posti di lavoro per i prossimi 15 anni, ma il dato non convince il sindacato. «Come sempre, si mette sul tavolo la scienza dei numeri per la propria convenienza, a seconda di quello che si vuol far vedere e credere»
Terza pista e migliaia di metri cubi di capannoni «di sicuro produrranno affitti milionari per SEA», ma secondo il sindacato non sono la vera chiave per lo sviluppo. «Ancora una volta, si vuole vendere il Masterplan come una panacea irrinunciabile che produrrà un discutibile “benessere” sul territorio. In questi ultimi 10 anni, nonostante tutti gli investimenti di denaro pubblico spesi su Malpensa, abbiamo vissuto un decadimento di quello che, un tempo, era il miraggio di un posto di lavoro presso l’aeroporto. Una posizione occupazionale di lungo respiro e un reddito medio/alto proporzionato al costo della vita che teneva conto del disagio di lavorare in un aeroporto a causa dei turni e dei carichi di lavoro».
ADL riporta in primo piano le condizioni del Cargo con «cooperative che utilizzano soci lavoratori, forme contrattuali di lavoro inadeguate e regolamenti che non garantiscono diritti, tutele e salari dignitosi», ma anche le condizioni di altri ambiti aeroportuali, dove ai lavoratori «viene addirittura chiesto di pagarsi il corso sicurezza e il tesserino aeroportuale ed il parcheggio».
«Sea negli ultimi anni non ha creato nuovi posti di lavoro al suo interno, anzi, ha semmai creato diverse centinaia di disoccupati posti in mobilità obbligatoria e/o volontaria a carico della collettività. I lavoratori delle ditte di cui SEA si serve, si sono visti togliere diritti e tutele. I loro contratti di lavoro part-time, pagati ai minimi termini, sono la base per garantire la sostenibilità economica dell’appalto. I dipendenti di tutte le società che operano a Malpensa e che svolgono la propria attività di commercio, ristorazione e handling, a causa degli elevati costi di affitti e royalties, sono assunti con contratti precari e parziali che di fatto delineano un costo del lavoro basso e poco dignitoso.».
AdL rinnova dunque le sue richieste, che sono rivolte alla responsabilità sociale dei soci pubblici (il Comune di Milano, essenzialmente) e degli enti di controllo. «È necessario un riequilibrio, servono regole ben precise e una severa sorveglianza da parte di ENAC e dei vari enti preposti al controllo del mondo del lavoro, occorre una Politica con la P maiuscola che guardi a SEA, non solo come fonte di dividendi e di posti di lavoro ben remunerati per Dirigenti e Consulenti, ma, anche come fonte di capitale umano da salvaguardare e valorizzare».
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