Depuratori, la decisione di Varese mette in crisi il sistema
La delibera che dismette dal 1° gennaio le quote della Città Giardino nelle società proprietarie dei depuratori sta creando non pochi problemi al servizio idrico integrato. Cavallin: "Partita la diffida"
La decisione presa dal Comune di Varese, con la delibera che dismette le partecipazioni societarie nei due depuratori che servono il capoluogo, sta facendo saltare il banco della gestione idrica e mette in crisi tutti.
Il primo ente a reagire con una diffida è proprio la Società di Tutela delle Acque del lago di Varese e di Comabbio, proprietaria del depuratore di Gavirate che serve 21 comuni tra i quali anche una parte delle acque reflue cittadine, che da un giorno all’altro si ritroverebbe senza il Comune di Varese tra i soci per una quota del 28,19% del capitale sociale. La stessa lettera è stata inviata dal suo omologo della società che gestisce l’altro depuratore.
In una lettera inviata al sindaco Davide Galimberti, l’amministratore unico Stefano Cavallin contesta l’impossibilità di uscire dall’oggi al domani: «Possono chiedere di uscire ma il procedimento ha i suoi tempi (alcuni mesi, ndr) e deve passare dalla convocazione di un’assemblea dei soci. Non si può dare il servizio di depurazione ad Alfa senza che questa abbia un proprio depuratore. Con questa mossa Varese blocca anche la fusione della nostra società con Alfa, infischiandosene del percorso stabilito dalla Provincia che è l’unico ente che può decidere in ambito di servizio idrico integrato».
Per Cavallin «la decisione del comune di Varese è unilaterale e blocca anche il progetto per la depurazione del lago che prevede la ristruttutazione della linea 1 che sarebbe dovuta servire proprio ad avviare la depurazione del lago di Varese. Si tratta di una scelta che lascia allibiti tutti i sindaci, di qualsiasi colore politico».
La motivazione addotta dall’amministrazione della Città Giardino è l’entrata in vigore della legge Madia che li obbligherebbe a fare questa scelta sulle società partecipate. Il problema è che, al momento, il testo votato è inapplicabile per come è stato scritto. Oggi, 2 gennaio, le acque reflue della città di Varese continuano ad andare nei due depuratori gestiti da Prealpi Servizi che non è ancora entrata in Alfa, così come le due società proprietarie continuano ad avere Varese tra i loro azionisti.
Il risultato è, però un ricorso al Tar da parte della società proprietaria del depuratore di Gavirate chelo avvea già avviato per la delibera di settembre e che ora viene arricchito di nuova documentazione che Cavallin ha già deciso di inoltrare ai giudici.
A conferma della confusione creata da questa delibera c’è anche la voce del consigliere provinciale con delega all’ambiente Valerio Mariani (dello stesso colore politico di Galimberti) che spera si sia trattato di un errore: «Non ho ancora il testo della delibera ma il percorso indicato dalla Provincia è chiaro, ci deve essere un periodo transitorio della presa in carico da parte di Alfa. Questa situazione, per come si presenta, è poco comprensibile. La delibera di Varese non prevede il periodo di transizione che in tutte le attività è prevista».
Mariani spiega il difficile cammino intrapreso per portare sotto Alfa l’intero sistema idrico integrato e sottolinea la difficile situazione che si sta creando nelle tre città più importanti (Busto Arsizio e Gallarate, infatti, contestano il valore di subentro delle reti che Alfa ha valutato molto meno di quello che vorrebbero far pagare le due amministrazioni) mentre Varese ha una situazione molto frammentata: «Varese non è entrata in Alfa e si è messa in una situazione in cui subirà la gestione perchè è la Provincia l’ambito che gestisce il servizio idrico. Recentemente abbiamo raggiunto un accordo con Aspem che gestirà l’acquedotto fino al 2034, si occuperà anche della bollettazione e della riscossione ma poi dovrà dare ad Alfa i soldi. Le reti fognarie sono comunali e passeranno ad Alfa mentre sulla depurazione ha fatto questa delibera che cede ad Alfa la gestione dal 1° gennaio creando non poche difficoltà».
Per Mariani, dunque, si tratta di una «forzatura che crea tensioni inutili e che si inserisce in una situazione in cui i comuni più grandi dovrebbero capire che non possono mettere in difficoltà quelli più piccoli».
Il sospetto è che dietro questa decisione ci sia in atto una battaglia politica senza esclusione di colpi al punto che anche il fuoco amico (quello sparato dal democratico Galimberti sulla Provincia a guida Pd) ha una sua ragion d’essere.
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