Maltrattamenti in famiglia: “Quel ragazzo si sentiva inadeguato”
In aula la donna accusata di aver maltrattato il giovanissimo. In aula la testimonianza di esperti ed educatori sulle condizioni del ragazzino

Maltrattamento contro familiari. Un reato per il quale era oggi in aula una donna di 49 anni accusata di aver agito oltre i normali metodi di correzione su un bambino con cui ha vissuto per anni perché entrato nella sua casa dopo gravi problemi famigliari.
Permanenza che secondo l’accusa si è trasformata in un gorgo fatto di rimproveri gravi e continui, presto trasformati in comportamenti capaci di turbare profondamente la sua crescita, tanto che il «minore presentava difficoltà dal punto di vista emotivo e si riteneva opportuno sostegno psicoterapico. Vissuti profondi di abbandono, forti ansie e paure. Si sentiva inadeguato».
Questo il racconto dello psico terapeuta infantile che ha avuto in cura il ragazzo – nato nel 2001 – da aprile 2016 a marzo 2017.
«All’inizio il minore parlava della difficoltà che stava vivendo. Poi ha riportato in seduta ricordi di quello che viveva nella precedente dimora».
«Raccontava che quando era a casa c’erano delle punizioni» – spiega l’esperto – «e raccontava di aver letto tanti fumetti perché spesso era in punizione e non poteva vedere la televisione».
Ma spesso il ragazzo subiva a suo dire delle pesanti punizioni: «Ha raccontato durante le sedute che spesso era costretto a mangiare la trippa, la cosa che più odiava al mondo. Oppure costretto a mettere il pannolone la sera perché si faceva la pipì a letto. O ancora di stare in piedi, faccia al muro, senza potersi girare per molto tempo».
Ora il giovane è ospite di una struttura protetta, sta completando un ciclo di studi professionali e tra poco sarà maggiorenne. Il processo va avanti.
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