Il Pci: “La crisi Whirlpool specchio di molte altre”

Il PCI tiene a ribadire inoltre che non c’è più angolo del paese esente da queste forme di crisi causato da un sistema liberista al collasso

Sciopero Whirlpool 24/09/2019

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Partito Comunista Italiano, federazione di Varese, sul tema delle crisi aziendali come quella della Whirlpool

La crisi del colosso Whirlpool si colloca in un contesto particolarmente complesso nel quale le grandi realtà multinazionali si sentono legittimate ad attuare delle manovre assai drastiche, quali licenziamenti e dislocamenti produttivi.

Tutto ciò avviene, nonostante il tentativo da parte del governo italiano attuale e del precedente, di rassicurare i lavoratori e le realtà locali relativamente a degli accordi che dovrebbero impedire queste iniziative e tutelare la produzione delle suddette aziende nel nostro paese.

Tuttavia il nostro stato si trova nelle condizioni di non poter elargire fondi ulteriori che trattengano i “grandi colossi” e quindi il risultato, ancora una volta, pare sia quello di voler spostare la produzione in territori più favorevoli.

Dunque, l’onda lunga della crisi non si arresta e ormai pare coinvolgere i più svariati settori, dalla siderurgia alla farmaceutica, per passare poi all’industria del legname e alla produzione degli elettrodomestici. Nel nostro paese le grandi realtà industriali vivono in un contesto in cui esuberi, mancate innovazioni, sofferenze del mercato e pressione fiscale eccessiva (che coinvolge in verità tutti i lavoratori) sono all’ordine del giorno.

Indesit, Menarini e tante altre grandi aziende del paese traballano pericolosamente, mettendo a repentaglio la tranquillità economica di migliaia di famiglie e la tenuta del tessuto industriale e dell’indotto locali. Gli esempi sono tragici e sotto gli occhi di tutti.

Solo qualche giorno fa Indesit ha annunciato un piano di tagli che coinvolgerà 1.425 dipendenti, circa un terzo del totale. Ma anche Whirlpool ed Electrolux non se la passano meglio, «schiacciati tra i marchi tedeschi di gamma alta -Miele, Bosch- e i nuovi paesi produttori come Polonia e Turchia», spiegava non molto tempo fa un giornalista Dario Di Vico sul Corriere della Sera. Come mai è avvenuto tutto ciò? «Abbiamo perso il treno dell’innovazione» secondo un noto giornalista, che citava a tal proposito quanto affermava un manager di Elecrtolux. «Le prestazioni e la struttura dei frigoriferi degli anni ’60 è identica a quella di oggi, l’unica novità tecnologica è stato il tritaghiaccio».

Con il risultato che, mentre negli anni ’90 l’Italia produceva il 45% degli elettrodomestici venduti in Europa, oggi non è più così. Anche società di servizi presentano criticità, per esempio, la società di servizi Espresso Internazionale Tnt ha annunciato 850 esuberi. Il gruppo farmaceutico Menarini ha dichiarato 700 esuberi. Ma tutto «il settore della farmaceutica italiana è in subbuglio», continua il noto giornalista , e lo è per gli effetti della “spending review”, per l’introduzione dei farmaci generici e per il blocco dell’entrata di nuovi prodotti. L’opinione degli industriali è che i generici non hanno avvantaggiato il consumatore ma solo messo in difficoltà l’industria di marca.

La crisi dell’edilizia poi sta influenzando negativamente anche il settore dell’acciaio che fornisce i tondini ai cantieri per il cemento armato, che costituiscono il 50 % delle vendite italiane di acciaio. Non solo l’Ilva, dunque, ma anche gli stabilimenti di Piombino, Terni e Trieste sono in difficoltà.

Si ha a che fare con un esecutivo che, pur promettendo interventi salvifici, si trova di fatto senza risorse da investire tanto che, i “tavoli” aperti del governo per correre in loro soccorso, non bastano più. Scrive il sopracitato giornalista in questione . «La sensazione è che stia aumentando la taglia media delle aziende che chiedono ricovero al ministero dello Sviluppo economico e di conseguenza aumentano le difficoltà per cercare di risolvere i singoli casi». È di ieri, per esempio, la notizia che secondo i tecnici della Camera mancherebbe quasi mezzo miliardo di euro (450 milioni) per finanziare la cassa integrazione: la metà del miliardo stanziato dal decreto legge del governo Letta sugli ammortizzatori sociali in deroga, infatti, sarebbe privo di copertura.

Questo accade perché si tratterebbe di risorse già impegnate parzialmente a finanziare altre leggi in vigore. Data la situazione, prosegue Dario Di Vico del Corriere della Sera nella conclusione del suo articolo, proponendo due soluzioni: «ci vorrebbero due cose: o un drastico intervento sul costo del lavoro o politiche industriali estremamente mirate».

Salvataggi di settore, insomma salvataggi che sono resi impossibili dall’attuale legislazione europea anche se solo in via teorica, poiché, data la mancanza di fondi, di fatto impedisce un finanziamento nei settori di crisi, se non a scapito dei posti di lavoro.

Il Partito Comunista Italiano della provincia di Varese plaude e sostiene tutte quelle alle diverse iniziative lotte che da tempo stanno interessando i lavoratori della Whirlpool di Biandronno, dallo sciopero del 25 settembre 2019, ai diversi presidi. Inoltre appoggia lo sciopero di 8 ore del 4 ottobre 2019 con relativa manifestazione a Roma, associandosi all’iniziativa delle sigle sindacali Fiom, Fim-cisl e Uilm al fine di sostenere i lavoratori
dell’azienda in crisi, porre l’attenzione sui diritti e sensibilizzare i cittadini.

Altresì il Partito Comunista Italiano denuncia l’attacco al modo del lavoro che da tempo imperversa sul territorio varesino, un attacco che da tempo sta seminando disoccupazione e condizioni di vita insostenibili anche nella cosiddetta “ricca provincia” lombarda.

Il PCI tiene a ribadire inoltre che non c’è più angolo del paese esente da queste forme di crisi causato da un sistema liberista al collasso e sostenuto da forze politiche (PD in primis) che il mondo del lavoro lo hanno asservito e smembrato a favore del capitale.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 02 Ottobre 2019
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