“A Legnano sistema feudale”, chieste pene dai 3 anni in su per Lazzarini, Cozzi e Fratus
Dopo 8 ore di requisitoria il pm Nadia Calcaterra usa la mano pesante nei confronti dell'ex-sindaco leghista, del suo vice di Forza Italia e per Chiara Lazzarini
Tre anni e sei mesi di carcere e 900 euro di multa per Gianbattista Fratus e Maurizio Cozzi, tre anni di carcere e 900 euro di multa per Chiara Lazzarini – quest’ultima da assolvere rispetto alle contestazioni per la nomina di Flavio Arensi come curatore artistico del Comune -, e per tutti l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Queste le pene chieste in fase di requisitoria dal pubblico ministero Nadia Calcaterra per i tre ex amministratori, arrestati lo scorso 16 maggio a seguito dell’inchiesta “Piazza Pulita” e tornati liberi poco prima di Natale, attualmente sotto processo per turbativa di gara.
Dopo essere tornata sul concetto di gara in diritto penale – diverso, secondo il pubblico ministero, da quello proposto dai consulenti tecnici di Fratus, Cozzi e Lazzarini, relativo ad altri rami del diritto – e sui presupposti in base ai quali si può parlare di turbativa di gara, il sostituto procuratore ha ripercorso passo per passo lo sviluppo dell’inchiesta. A partire dall’ormai “famoso” dossier anonimo sulle nomine pilotate in Amga (ancora oggi “protagonista” della requisitoria per il dibattito sulla sua natura giuridica), il pm ha evidenziato per ogni capo di imputazione i comportamenti in base ai quali gli imputati si sarebbero resi colpevoli dei reati ascritti. Corroborando la propria ricostruzione con le intercettazioni acquisite durante le indagini e confutando punto su punto le tesi sostenute dai legali delle difese durante l’istruttoria.
Il sostituto procuratore si è anche soffermato sulle dichiarazioni rese dagli imputati. La versione di Chiara Lazzarini, per il pm è stata «concordata a tavolino con Cozzi», mentre le dichiarazioni di Cozzi sarebbero «più false di una banconota da due euro, ha ritrattato le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio davanti al pm». Fratus, invece, non avrebbe avuto «il coraggio di sedersi su quella sedia e dichiarare il falso come gli altri due imputati», scegliendo di astenersi, ma avrebbe partecipato «attivamente e non passivamente agli atteggiamenti manipolatori» La «realtà emersa dal procedimento – ha sottolineato il pm – è quella di un sistema collaudato e condiviso da tutti, volto a colonizzare quasi in maniera feudale» gli incarichi nella partecipate e nella pubblica amministrazione «allo scopo di allocare soggetti graditi agli imputati, supinamente piegati ai loro diktat». «Il castello di sabbia – ha concluso il pubblico ministero – sono le difese invocate dagli imputati».
Tre le procedure inizialmente contestate a Fratus, Cozzi e Lazzarini, che secondo la tesi degli inquirenti avrebbero portato a nomine “pilotate”: il conferimento di un incarico di consulenza in Euro.PA (che vedrebbe coinvolto il solo Maurizio Cozzi), la selezione del dirigente per lo sviluppo organizzativo di Palazzo Malinverni e la nomina del direttore generale della partecipata di via per Busto Arsizio. A queste si è poi aggiunta, in corso di dibattimento, la contestazione dell’incarico a Flavio Arensi come direttore artistico del comune. Il solo primo cittadino, inoltre, è chiamato a rispondere di corruzione elettorale per un accordo che avrebbe stretto in sede di ballottaggio: Fratus avrebbe barattato l’appoggio di Luciano Guidi, a sua volta candidato come sindaco al primo turno delle elezioni amministrative, con una nomina in una municipalizzata per sua figlia.
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